COVER DELLA RIVISTA ONLINE LOBODILATTICE___Dal numero 175 al numero 186


Il criterio per la selezine delle dodici copertine della rivista Lobodilattice era uno. Massima libertà. Quindi, “cittadine e cittadini, questi sono i miei gioielli”. Siamo partiti da opere con cromie tenui e pastellate, passando attraverso la tematica della croce rossa, fino ad arrivare alle opere più scure. Per finire, l’esplosione di colori psichedelici di Sperry, in un revival da Summer of  Love. Enjoy!


 COVER N.175

Anna The Nerd by Francesco D’Isa

San Giorgio dovette ammazzare il drago, mentre la divina Anna the Nerd, con le sue occhiaie nere, il suo corpetto di vertebre, e la sua abilità a schivare le pallottole, riesce ad ammansirlo e tenerselo ai piedi come un cagnolino.
Le Pornsaints di Francesco d’Isa costituiscono l’ultima specie di ultradonne, seducenti come il frutto del connubio fra la Salomè di Beardsley e un corpo mutilato di Louise Bourgeois. (Ne abbiamo già parlato nell’articolo La teologia del boudoir) e in This Whole World Wild At Heart and Weird At Top, e in Mutoid Soft Company


COVER N. 176

Marat by Karin Andersen, 2007

Liberté, égalité, fraternité, fra esseri umani e tutte le altre specie. La rivoluzione è riuscita, e finalmente tutti hanno in dotazione orecchie coniglie, code, e zebrature decorative. Ora Marat lavora su un portatile color silver, con lo schermo pieno di icone, in un bagno con piastrelle rosa antico. Al posto della penna d’oca, tiene in mano un telefonino, con cui ha appena mandato un sms a Charlotte Corday. “Vieni a berti un Bloody Mary con me?”


COVER N. 177

Mourning Glory by Ray Caesar

Una ragazza dorme in una camera rococò. Le sue gambe levitano nell’aria, come preludio di sonnambulismo, oppure per effetto del sogno. Previdente, per evitare di prendere il volo, ha puntato con degli spilli le sue chiome al cuscino, ed ora sembrano farfalle in una teca. Dorme con le mani incrociate sul petto, ha le labbra rosso sangue, e la stessa acconciatura di Dracula nel film di Francis Ford Coppola. Che sia forse una vampira? (L’articolo Madri, Mostri, Macchine parla dell’arte di Ray Caesar)


COVER N. 178

Bullette Selvatiche by Laura Serri

Tappezzerie pastellate, perimetri interni e protetti, nidi pieni di bambagia a fiorami color confetto. Di quest’universo comodo e stanziale fanno parte anche le sedie,  di varie fogge e formati. Dall’aerodinamico sdraio di design al canapè da Paolina Bonaparte,  dalla poltrona della nonna a quella Luigi XIV, dal divano sfondato allo sgabello a nido anni Sessanta. Ed infine, i cervi. Aggraziati come ballerine sulle punte, leggeri, veloci. I cervi si spostano in branchi, e sono agli antipodi di quella  stanzialità rappresentata da sedie e carte da parati. Se gli animali riprodotti nell’arte sono quasi sempre figura degli esseri umani, Laura Serri descrive l’utopia di un’umanità pura, leggiadra, che si contrappone all’ethos della forza e dell’aggressione. (Questa è una citazione itazione dal catalogo di Le donne vengono da Venere. Su Laura Serri ci sono anche i pezzi Lupus in Fabula,  Hortus Conclusus,  e   Mutoid Soft Company 


COVER N. 179

Suf by Cuoghi Corsello

Negli anni Novanta ero adolescente e, come tutti gli adolescenti, pensavo che il mondo fosse molto interessante e tutto da scoprire. Erano gli anni dei centri sociali, delle giacchette di pelouche lilla, dei piercing, dei rave, dei crazy colors, dei cabò e delle maglie a righe. Durante le trasferte bolognesi alla ricerca di queste cose e di tutte le meraviglie che comportavano, spesso vedevo un simbolo ripetersi sui muri. Non era la solita tag da writer più o meno comprensibile, ma un disegno. Il disegno di un’oca. Un uccellino, che mi faceva venire in mente il mio cult-book infantile Cipì. Si ripeteva qua e là, a volte formando delle vere e proprie piste lungo i muri, come i sassolini luminosi nel bosco di Pollicino. Era tracciata con un tratto da bimbo, semplicissimo, spesso aveva pomelli sulle guance e le zampine lunghe e snodate. Era come una costellazione: un simbolo enigmatico, perché portava ad interrogarsi sul suo significato e sul perché della sua ubiquità, e potente, perché connetteva la nostalgia dell’infanzia con quella del futuro prossimo. Era come la promessa, di qualcosa di bellissimo e sconosciuto che sarebbe arrivato da lì a poco. Su quest’oca sentivo fiorire leggende. “La disegna una tipa. È la protesta contro la stupidità al potere, e contro la televisione.” “Sì, ho sentito dire che una volta ha preso una cartina topografica della città e ci ha disegnato sopra un’oca. Poi è andata a dipingerla sui muri seguendo il tracciato della cartina. È venuta fuori un’enorme oca, visibile da una prospettiva aerea, però  nello stesso tempo virtuale.”

Quasi quindici anni sono passati da allora, ma a livello affettivo Peabrain rimarrà sempre il simbolo della mia giovinezza.

Monica Cuoghi e Claudio Corsello sono una coppia di bellissime teste, ben dischiuse e sintonizzate su frequenze molto difficili da captare. Sempre alla ricerca di sentieri nascosti, di luoghi privi di mappature ufficiali, di interstizi in fermento. La loro arte è stata mille cose: un modo per riappropriarsi della città, un inchino di fronte alla potenza della natura, una risposta criptata all’enigma della morte. Un gioco, una presa in giro di se stessi, un poema per la bellezza dei luoghi. La loro arte è stata soprattutto uno stile di vita magico, ovvero capace di generare nuove realtà. (Questa è una citazione dall’articolo The Magical Mystery Tour_ L’intervista lunghissima e meravigliosa a Cuoghi e Corsello). Su Cuoghi e Corsello trovate anche Mutoid Soft Company, linkato sopra, e L’intervista corta


COVER N. 180

Jebe

Tutti i non-volti di Who is who sono connessi con la sfera della morte,  del potere, e della guerra. La guerra è una tematica che ricorre ossessivamente nel lavoro di Jebe. I jihadisti di Who is who indossano magliette con Topolino e la Pantera Rosa, oppure indumenti griffati, come la sconvolgente madonna con velo, Kalashnikov e logo della Nike. In effetti, le organizzazioni politiche che patrocinano attacchi suicidi sono delle multinazionali in tutto e per tutto, e nelle zone di conflitto il martirio in nome dell’ideologia politica e religiosa è una vera e propria moda.(Citazione dall’articolo Who are Them) Sulla Jebe trovate anche il pezzo I Will Forget


COVER N. 181

Bertozzi e Casoni

Un muro di armadietti per medicinali. Sportelli accostati bianchi e lucidi, con la croce rossa nel centro. Simbolo della protezione, dell’aiuto, ma anche del dolore e della malattia. Dentro, al posto della cura, piccoli residui umani. Sigarette, cose ammuffite, teschi, bottiglie di ammorbidente, dentifrici dell’Antica Erboristeria, bombe a mano, saponi della Felce Azzurra, madonne. Qua e là, pezzi di nidi d’ape.Il pronto soccorso ad alveare di Bertozzi e Casoni è scultura fittile iperreale. Come se i detriti della sofferenza umana fossero stati vetrificati in seguito ad un’improvvisa fine del tempo.


COVER N. 182

Genesi, Societas Raffaello Sanzio

Genesi. Il racconto biblico di Societas Raffaello Sanzio parte con lo strazio di chi portava la luce. Il paradosso di Lucifero, votato completamente all’amore di Dio. Dio gli ordina  di amare  anche l’uomo, come un torturatore che usi la tecnica del double-bind, dando ordini contradditori a cui non si può obbedire senza infrangerne una parte. La luce è come la struttura di fissione a barre nelle centrali nucleari, e Lucifero deve passarci attraverso. Poi ci sarà la caduta di Adamo ed Eva, quella di Caino, ed infine Madame Curie, con la radioattività che le costerà la vita.

Societas Raffaello Sanzio raggiunge le profondità immisurabili della mente umana, andando alle radici della violenza, dell’amore, della sofferenza. Come un sogno, una visione che arriva da qualcosa che sta oltre. Il codice della scrittura scenica di Societas  sta nella vertigine che congiunge le immagini, la sfera del divino, l’arte e il potere di piegare la mente.

Su Societas Raffaello Sanzio abbiamo scritto i pezzi Il Mondo Nuovo e Inferno


COVER N. 183_ Even The Loser Has A Good Time At The Party by Franko B.

Oh, My Loverboy. Protect Me. I Miss You. Franko B. ha sempre usato il cortocircuito semantico come canale di espressione privilegiato. Il suo corpo eccessivo, tatuato, crocicchio sincronico fra le freak parade del Diciannovesimo Secolo, i tavoli delle notomie, le segrete degli interrogatori rinascimentali, le tribù delle subculture di fine millennio, vira dal bianco al nero per ansia di purezza. Franko B. si apre le vene e crea percorsi di sangue, per mostrare il dolore all’indifferenza degli spettatori. E titola le sue cruente alchimie di umori con dichiarazioni di desiderio struggente. La sua eleganza e pulizia formale ha metabolizzato una grande varietà di media, dalla performance, all’installazione, alla creazione di oggetti, ambienti, vestiti.  Il neon rosso, simbolo a metà strada fra il camp della sessualità mercenaria, il condotto venoso sublimato e l’idea di qualcosa di morbido e luminoso, si piega a comporre messaggi d’amore e solitudine. My Heart Is Yours, Do You Want It? I Feel Lonely, Please Call Me. Even the Loser Has a Good Time At The Party. La croce rossa raffigura l’eccedenza di significati propria dei simboli. E quindi la cura del dolore, la sollecitudine, l’universo queer delle uniformi di latex, l’universalità del dolore, la connessione con la simbologia religiosa del martirio e della sua santità.


COVER N. 184

Berlin Non Amour by Max Papeschi

Notturno e solitario. Artigli di quindici centimetri. Retrattili. Spesso preda i cuccioli di lupo, e il lupo quando può gli rende il favore. Può mangiare anche cuccioli di orso bianco o di panda gigante. Oppure i propri, per rendere le femmine sessualmente ricettive.  La sua zampata è come il colpo di un maglio. Ne sa qualcosa Timothy Treadwell, il naturalista Fitzcarraldo che voleva essere accettato dagli orsi della riserva di Katmai in Alaska come uno di loro. Dopo tredici anni  di appostamenti è stato divorato assieme alla sua compagna, mentre la sua telecamera registrava le loro urla. Nel documentario Grizzly Man, Werner Herzog sceglie di non fare sentire quest’ultima, agghiacciante traccia sonora. Nella rete invece, il motore di ricerca fornisce pagine con dicitura Timothy Treadwell Death Audio.

Il più grande desiderio delle SS naziste era cadere preda della trance Wut, per trasformarsi in berserker, guerrieri orso. Evidentemente non sono stati esauditi. Perché il Wut dovrebbe donare l’invulnerabilità, e quindi l’immunità alla sconfitta.

Su Max Papeschi potete leggere il nostro articolo Disneyland Under Attack


COVER N. 185

Kali Yuga by Andrea Chiesi

La fine è una delle cifre stilistiche più forti dell’opera di Andrea Chiesi. La fine della società fordista ed industriale, la fine del lavoro, la fine di un antico sogno di benessere che condividevano tutti, dal borghese all’operaio comunista.  La  fine di quest’epoca è esemplificata dalle rovine delle sue cattedrali, da quelle fabbriche abbandonate che per un decennio sono state il soggetto d’elezione di Chiesi. La nostalgia del mondo di prima è suggerita anche dall’indagine maniacale di una forma simbolica obsoleta, la prospettiva. E’ con la prospettiva che nasce la civiltà moderna, di cui la fabbrica è stato l’estremo emblema. Il primo ciclo industrial è G.R.U., il cui nome, (acronimo di Grande Rumore Universale) suggerisce l’idea della struttura, e il più virtuosistico di tutti è Kali Yuga. Secondo la mitologia indiana Kali Yuga è l’età del ferro, caratterizzata da discordia, ignoranza, ingiustizia e guerra . L’ultima era concessa all’uomo prima della distruzione e del rinnovamento. La nostra.

Su Andrea Chiesi potete leggere quest’intervista e il pezzo inerente alla sua giovinezza in TU QUOQUE PUNK? 


COVER N. 186

Poster Art by Chuck Sperry

Fumetti, grafica, graffiti, pupazzi per animazioni in stop motion, tatuaggi, decorazioni areografe per auto, skate e tavole da surf: le arti minori del Ventesimo Secolo costituiscono la struttura di tutto ciò che è Lowbrow Art (e che non è per forza Surrealismo Pop, nè  viceversa). Chuck Sperry guarda all’universo dei poster promozionali del rock, e lo rivoluziona  creando uno stile cangiante, che si ispira di volta in volta all’orizzonte poetico della band di riferimento. Nel caso dei Moonalice, vetero-fricchettoni da easy listening con furgone e capello lungo, non può essere altro che la gloriosa stagione dei poster psichedelici, con le loro miscele di contrasti fra pastelli e fluo, le orbite elittiche da LSD e le citazioni tardo-ottocentesche, ispirate ai vestiti vittoriani degli hippy.


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