MUTOID SOFT COMPANY_ Collettiva di Cuoghi Corsello, Francesco D’Isa, Grazia Sarcina, Laura Serri, Arnaldo Vignali per FestivalFilosofia 2011 [sulla Natura]


περὶ Φύσεως / sulla natura

Francesco D'Isa, when you'll come


Ho già enunciato come di norma l’orrore verso i bisogni  animali, andando del pari da una parte con la nausea  della morte e dei morti, e dell’altra con la pratica del lavoro, avesse segnato il passaggio dall’animale all’uomo. L’uomo è un animale che nega la natura: la nega attraverso il lavoro, col quale la distrugge e la cambia in un mondo artificiale, la nega nella fattispecie dell’attività creatrice della vita, la nega sotto la specie della morte.

Georges Bataille


La prima legge dell’ecologia: ogni cosa è connessa con qualsiasi altra.

La seconda legge dell’ecologia: ogni cosa deve finire da qualche parte.

La terza legge dell’ecologia: la natura è l’unica a sapere il fatto suo.

La quarta legge dell’ecologia: non si distribuiscono pasti gratuiti.

Barry Commoner


Nella preistoria c’era luce/buio, desiderio/soddisfazione, vita/morte. Ragione/passione nella civiltà greca. Bene/male in quella giudaico-cristiana. Vero/falso nell’odierna temperie che ha la scienza come vertice conoscitivo. Natura/cultura è la disgiunzione ideologica che si prende il merito della nascita della civiltà. Ma la barra che divide questi due universi è sottile. Si potrebbe aumentarne l’inclinazione. Manipolarla. Sfilarla via.  Vediamo come e perchè. La natura è il grande paradosso del pensiero occidentale. Perché costituisce la scintilla d’innesco da cui nasce la filosofia, ma anche il grande altro, il peccato originale contro cui i teorici greci muoveranno battaglia.

I primi filosofi dell’Asia Minore sono osservatori ipermetropi incantati  dal mondo. La natura è il mondo e loro cercano di capire qual è la chiave di volta del grandioso edificio naturale. La trovano inizialmente negli elementi. L’acqua, il fuoco, l’aria. Addirittura l’infinito, forse il vuoto. I presocratici arrivano a postulare un intelletto insito nell’universo, il noùs, (che a seconda delle epoche è stato interpretato come Dio o struttura scientifica). Ma poi la speculazione filosofica greca si rende conto che il divenire della natura, con i suoi cicli di nascita, mantenimento e distruzione, rompe gli argini di qualsiasi pensiero con pretese assolute. E allora la natura diventa doppio di disvalore rispetto all’intelletto. Il supremo rischio logico, la Kòra platonica, assieme a tutto ciò che è principio femminile, corpo, sangue. I più grandi pensatori greci sembravano mossi da un’ansia diabolica di separazione (dià-bàllo, separo). Dopotutto questa è l’essenza dello spirito della logica. Invece, lo spirito del continuum formato da arte e religione, lo spirito dell’intuizione e della visione, sa che tutto è connesso. Platone intravedrà questa connessione nel Timeo, dove sostiene che il cosmo è un macro-vivente, unico, grande, perfetto, dotato di intelligenza ed anima. Plotino dirà “la natura è Anima fuori di sé”. Neoplatonici e filosofi cristiani vedono generalmente la natura come degradazione rispetto alla perfezione divina, come discesa, non essere. Inizia così un’altalena fra finalismo animista e meccanicismo materialista, architettura divina e cieca macchina fatta di materia bruta.

Nel Rinascimento, il corpo cessa di essere il vergognoso ricordo della cacciata dal paradiso, e l’uomo si integra nell’universo, come microcosmo che riflette il tutto. Si comincia ad intuire la trama delle corrispondenze fra l’uomo e il mondo. Cielo e terra si uniscono, e nasce la fortuna degli astrologi nelle corti rinascimentali. Per Giordano Bruno la natura è un grande animale, dotato di anima ed intelligenza. Gli stessi rapporti numerici di Pitagora fanno da base alla speculazione sulla natura di Galilei e Newton. Spinoza identifica la natura con Dio. Rousseau, in pieno secolo dei Lumi, anticipa il panteismo romantico. L’uomo di Novalis, mentre è alla ricerca dello spirito della vita stessa, introietta la natura dentro di sè. La natura è specchio dell’uomo. Ma serve anche come sprone per superare il proprio individualismo, per arrivare a perdere il proprio principium individuationis nella vertigine panica della fusione con l’universo. Artisti, mistici, bambini e “selvaggi” sono in questo fortemente avvantaggiati. Siamo nell’Ottocento, eppure per certi versi la Summer of Love del 1967 sembra dietro l’angolo. Per Holderlin l’arte è il mezzo privilegiato per divinizzare la natura, e per ritrovare la propria unione con il tutto. La natura è il vettore verso l’infinito, per vincere il gelo della separazione. La natura va a braccetto con l’arte, e i romantici  sono i primi ad averlo intuito. Subito dopo, o forse in contemporanea, il giro di vite vittoriano strumentalizza la natura ai fini delle proprie ideologie speciste, razziste, e sessiste. Si tirano in ballo presunte leggi naturali, come la scala evoluzionista, per giustificare il darwinismo sociale, la prevaricazione del più avvantaggiato sul più debole. Natura diventa sinonimo di normalità, rettitudine, bontà, e tutto ciò che è “innaturale” diventa sinonimo di malvagità e perversione. Insomma, tutto quello che fa comodo all’ideologia dominante diventa magicamente naturale. La supremazia dell’uomo sulla donna, quella dei bianchi sui neri, fino ad arrivare al paradosso della naturalità dell’egemonia dell’uomo sulla natura.

MUTOID SOFT COMPANY, la collettiva di Art Ekyp, si propone di indagare la tematica della natura nell’ottica della mutazione, del post-umanesimo e della decostruzione della coppia dialettica natura-cultura.

Laura Serri propone un’installazione parietale. Un cluster di piccole tele ricoperte di carta da parati dai molteplici decori, che costituisce il supporto su cui interagiscono i soggetti portanti della sua poetica. Da una parte le sedie (dal canapè di Paolina Bonaparte, alla poltrona di design, fino al divano sfondato del pantofolaio), ovvero emblemi di stanzialità e manufatti della cultura materiale umana. Dall’altra i cervi, in varie fasi della loro esistenza. I cervi sono stati fra i primi soggetti scelti dagli esseri umani per le raffigurazioni pittoriche nelle grotte del periodo magdaleniano. Si dice che le prime opere d’arte avessero un valore magico, ma forse avevano anche un’utilità speculativa. Potevano servire infatti a visualizzare gli schemi strategici della caccia. Il pensiero astratto, soprattutto nella notte dei tempi, aveva un’incalcolabile utilità pratica. Le trappole per catturare gli animali, ad esempio, dovevano innanzitutto essere immaginate. Laura Serri estremizza il dialogo fra natura e cultura tramite una serie di metamorfosi. Cerbiatti con ciuffi da calopsite, code da fagiano e maculature da dogo argentino, ma anche poltroncine Luigi XIV a cui sono cresciuti mantelli zebrati o infiorescenze arboree.

A livello formale, lo stile grafico e le cromie pastellate di Laura Serri si legano perfettamente con le opere di Francesco D’Isa. Le sue ultra-donne dal corpo mutante, inserite in paesaggi modernisti a metà strada fra Blade Runner e Metropolis, rispecchiano una visione complessa delle interazioni dell’uomo con il proprio micro-corpo e con il macro-corpo del mondo. Le mannequins mutoidi di Francesco D’Isa si muovono in un universo post-human, in cui le mancanze costitutive dell’umano vengono integrate introiettando parti animali, tecnologiche, o mediante degli estremismi estetici. E così gli arti mozzati si trasformano in volute barocche oppure in tondi da statue classiche.

E’ un tempio la Natura ove viventi pilastri a volte confuse parole mandano fuori; la attraversa l’uomo tra foreste di simboli dagli occhi familiari. I profumi e i colori e i suoni si rispondono come echi lunghi che di lontano si confondono in unità profonda e tenebrosa, vasta come la notte ed il chiarore.

Charles Baudelaire, I Fiori del Male

La driade dai capelli spiraliformi di Forest of Symbols si collega alle corrispondenze baudeleriane, in cui i tronchi degli alberi diventano sostegni di un edificio animato, dove i confini fra i cinque sensi vengono abbattuti nella vertigine della sinestesia. Una sensorialità divina, ininterrotta, e totale, che si identifica con lo spirito della vita stessa. Forse per effetto della facoltà citata da Holderlin, l’intuizione intellettuale, l’epifania per cui diventa evidente “l’unitezza di tutto ciò che vive”, e che “oggettivo e soggettivo sono originariamente uniti”.

Whale’s Fur, una gigantessa ingioiellata con una balenottera azzurra inforcata nel piatto davanti a sè, configura invece il lato oscuro delle interazioni dell’uomo con la natura. Il più grande animale mai vissuto sulla Terra, con un linguaggio fatto di canti al di là della comprensione dell’essere umano e pinne come ali (da cui deriva il nome balaeno-ptera), è stato portato sull’orlo dell’estinzione per futili motivi. L’uomo ha dato la caccia alle balenottere per soddisfare i feticismi di vanità, per i corsetti di stecche di balena, la prelibata lingua, l’olio per lampade. Ora inquinamento ed industria ittica fanno il resto.  Nell’opera di Francesco D’Isa la scala reale fra l’essere umano e la balenottera è invertita. Nella realtà, l’uomo è grande circa un terzo rispetto al cranio del mammifero marino. Il cuore della balenottera azzurra può arrivare a pesare seicento chili. Francesco D'Isa, Whale's FurMaria Grazia Sarcina ripropone un suo topos figurativo, sculture fittili iper-reali di felini. Questa volta però i soliti colori terrosi vengono abbandonati in favore di  cromie che sembrano impossibili da trovare in natura.  Quindi, se per il Festival sulla Fortuna c’erano tre gatti neri talmente realistici da far fermare in punta un cane da caccia di passaggio davanti alla vetrina della galleria, quest’anno i gatti diventeranno rosa, lilla e verde acqua. Per vedere come reagiranno gli eventuali cacciatori in transito.  La natura dota le sue creature di colori che permettono il mimetismo, proprio per difendersi dai predatori, ma anche per risultare invisibili alle prede. I mantelli maculati dei cerbiatti servono a riprodurre le macchie di luce fra le foglie del sottobosco. La pelliccia bianca della volpe argentata va incontro alla muta cromatica stagionale per armonizzarsi con le distese di neve. Ma in natura ci sono anche altri colori. L’essere umano, per “inventare” i colori solforici cari ai Manieristi e alla Pop Generation, si è ispirato alla tavolozza delle creature marine dei fondali vivi, con le sue meduse fluorescenti, i pesci pagliaccio, farfalla, pappagallo, e luna. E poi le pietre: fluorite, rodocrosite, la luminescenza cangiante dell’opale. E infine i giochi della luce, come il salmone infuocato di certi cieli al tramonto. I colori fluo in effetti esistono in natura, e presentano un valore gamma più marcato degli altri, una luminosità endogena. Una lunghezza d’onda maggiore. L’uomo, come al solito, non ha potuto far altro che imitare. Maria Grazia Sarcina, Gatti FluoPianti, bisbigli, pellicce, piume. Gli atomi, le molecole, le forze dell’amore sono le stesse per l’uomo e per gli animali.” Animals in Love (Laurent Charbonnier, 2007), è uno stupefacente documentario sui rituali di corteggiamento degli animali.animals-in-love-poster È diviso in varie fasi. All’inizio tutti i vari animali si lavano, si spidocchiano, si fanno belli. Poi parte la fase dei canti. Richiami, trilli, poderosi barriti di cervi, ruggiti, singulti. Poi, sotto l’egida di Inanna, dea babilonese dell’amore e della guerra, i maschi si scontrano. I canguri boxano, le lepri se le danno di santa ragione come in uno slapstick movie, i giraffi combattono a colpi di collo. Gli uccelli si rivelano i grandi maestri della seduzione. Ovvero, come fare ad incantare la femmina. Uno posa la malcapitata su un ramo e poi la fa dondolare finchè non è sufficientemente stordita. Un altro schizza da un ramo a quell’altro con movenze e trilli supersonici Un altro ancora fa un balletto ipnotico, sfoderando un piumaggio supplementare che sembra una bauta veneziana. C’è una specie tropicale di uccelli che costruisce vere e proprie installazioni da far valutare alle femmine, tessendo un corridoietto e spargendo tutto intorno delle piume e dei petali colorati. È proprio questo il soggetto scelto da Arnaldo Vignali. Un campionamento pittorico in bianco e nero, con particolari blu e una struttura formale da frame cinematografico, in cui si inquadra un fotogramma e una striscia dei due che lo delimitano. Arnaldo Vignali, hartung-birdIn arte, il realismo prospettico viene abbandonato con la nascita della fotografia, ovvero quando una macchina riesce a sostituirsi all’occhio e alla mano dell’uomo nell’atto di surrogare il mondo.  Gli accorgimenti impiegati dagli animali per l’ars amandi nel film di Charbonnier dimostrano che sentimenti, desideri, ed arte – considerati  le cifre differenziali fra natura e cultura – non sono di esclusivo appannaggio umano. I pennuti costruiscono case bellissime per la loro prole, tessendo nidi a bozzoli che sembrano installazioni di Ernesto Neto. anthropodino, Ernesto Neto, Park Avenue Armory, 2009In generale sembra che tutto ciò che sia bizzarro e straordinario susciti amore. Gli stili stessi dell’arte e della danza spesso sembrano derivare dagli spettacoli naturali visibili nel film, come le coreografie delle gru dal cappuccio rosso, a metà strada fra le illustrazioni cesellate delle fiabe nordiche e gli haiku giapponesi su carta di riso. Arnaldo Vignali postula un’affinità fra l’uccello artista dal piumaggio cangiante in blu e Hartung. In effetti il corridoio costruito dal creativo pennuto è molto simile alle pennellate biomorfe dell’artista.

Monica Cuoghi e Claudio Corsello ripresentano un’opera di pura luce, che avevano già proposto negli anni Novanta al Parco della Bovisa di Milano, con il titolo Il Bosco che Respira. cuoghi corsello respiroUna fonte luminosa occultata tra gli alberi veniva azionata da un timer computerizzato: tre secondi di buio, sei secondi di luce crescente, tre secondi di luce piena, sei secondi di luce decrescente, e poi di nuovo buio in loop, come una creatura che respira. Cuoghi Corsello, progetto luci respiranti-1Ecco quindi un altro cortocircuito semantico. Nell’economia della coppia dialettica natura/cultura, l’elettricità possiede un’ambivalenza ontologica. Da una parte è la conditio sine qua non per l’esistenza dell’odierna civiltà. Senza elettricità tutto collasserebbe, città, trasporti, informazione, comunicazioni. L’uomo tornerebbe allo stato naturale. Ma, pur essendo il medium umano per eccellenza della nostra epoca, l’elettricità esiste già in natura, ad esempio nei fulmini, oppure nell’elettromagnetismo. Quindi la mano umana ha guidato una forza naturale a diventare il mezzo per uscire dai ritmi della natura stessa, fino a riconfigurare questa forza come emblema dell’artificiale. Cuoghi e Corsello riconducono l’elettricità alla sua valenza originaria, dotando la luce elettrica di un respiro, che viene trasmesso all’interno della galleria e sulla facciata del palazzo che la ospita. La vita in effetti è fortemente legata all’elettricità. L’elettricità muove i muscoli, le connessioni neurali, i riflessi involontari, compreso il cuore e la respirazione. Il respiro simbolicamente rappresenta lo scambio fra esterno ed interno, fra io e mondo. La stessa radice greca di natura, phùsis, sembra derivare da phòs, luce. Secondo gli stoici il principio regolatore dell’universo era il pneùma, il respiro vitale, lo spirito, il logos composto da aria e fuoco. Il pneùma è quindi la radice dell’essenza umana, ma anche il principio vitale di tutto l’universo.

“Che cosa sei, tu? Movimento del sangue che prende aria e la circola per tutto il regno. La diffonde. Io respiro. Sono nella vita in una forma respirata, tiepida, morbida e rosa. Respiro continuamente. È il mio punto d’innesco alla fiamma centrale.” 

Mariangela Gualtieri, Canto di Ferro  

Per il Festival della Filosofia, Cuoghi e Corsello proporranno Respiro N.2, un’opera performativa visibile solo di  notte, durante i giorni di durata del Festival.

Una delle cifre indiscutibili della natura è il mutamento. La mostra Mutoid Soft Company prospetta un mondo nuovo, in cui gli animali si innamorano e creano opere d’arte, gli esseri umani trasformano il corpo in protesi estetiche, i gatti sfoggiano pellicce rosa, i cervi si trasformano in zebre e fagiani, per poi entrare nelle dimore umane, mentre la luce elettrica si anima e respira come una creatura vivente. Mutoid Soft Company dimostra come questo mondo nuovo sia in realtà il mondo in cui già viviamo.


Testo critico e curatela per la mostra Mutoid Soft Company, in occasione del Festival della Filosofia 2011, inaugurazione 16 settembre, presso Art Ekyp, Modena


 

Torna in alto