There’s just one last favor I’ll ask of you
And there’s one last favor I’ll ask of you
There’s just one last favor I’ll ask of you
See that my grave is kept clean
B.B. King & Diamanda Galas
Entra infine nel Mio Essere chi, al momento del trapasso, quando abbandona il corpo, pensa soltanto a Me. Questo è vero al di là di ogni dubbio.
Bhagavadgita
Fuoco e fiamme! Fuoco e fiamme! Fuoco e fiamme!
Alex Proyas, The Crow
Festa: Dal greco Festiao, festeggio banchettando ma propr. Accolgo ospitalmente, accolgo intorno al focolare della casa, da estìa, il focolare domestico.
Dizionario Etimologico Treccani
Due cose belle ha il mondo: amore e morte.
Giacomo Leopardi
Nobile figlio, ascolta con grande attenzione
Il Libro Tibetano dei Morti
L’idea della rottura delle regole è il tratto che accomuna le feste delle più svariate tipologie. La trasgressione e il lusso discotecaro rompono lo squallido regime lavorativo settimanale, almeno per una sera. Durante i Saturnalia romani, gli schiavi potevano comportarsi come uomini liberi. Le feste di sangue del Ku Klux Klan appaiono come l’esatto contrario del perbenismo borghese dei loro partecipanti (ed esecutori). Nel corso dei carnevali medievali c’era l’usanza di sbeffeggiare il re e il clero, in un’ epoca in cui erano onnipotenti. Per quello che riguarda le feste dei morti, la loro struttura simbolica sta nell’annullamento della regola fondamentale dell’esistenza, quel che si dice una delle pochissime certezze della vita – forse l’unica su cui si potrebbe scommettere – cioè la non reversibilità della morte. La celebrazione di Samhain dell’Irlanda celtica, la sua esportazione in America in seguito alla carestia delle patate del 1845, con il nome di Halloween, i silenziosi rituali di Lemuria degli antichi romani, el Dìa de Los Muertos messicano, Obon, il giorno delle lanterne giapponese, tutte le feste dei morti hanno come base la leggenda di un giorno in cui i morti possono tornare a visitare i vivi. Un’idea mozzafiato. Ma i croati dicono che la sovversione delle regole, circoscritta ad un periodo di tempo limitato, è un escamotage psico-sociologico del potere, che ha la funzione di riaffermare le regole stesse, fortificando il gruppo che le rispetta nel momento stesso della trasgressione. Quindi, una notte sola, e poi si continua a morire per sempre.
EL DìA DE LOS MUERTOS
La moda del tempo ci ha portato ad odiare i teschi. Gli unici che tolleriamo, anzi, che amiamo intensamente, sono i teschi pieni di pittogrammi floreali di El Dìa de Los Muertos. Perché sono, oltre che bellissimi, molto profondi e sfaccettati a livello semantico. Le fantasmagorie di colori, i denti appuntiti come zanne, i fiori rutilanti che spuntano dalle orbite vuote rappresentano i poteri trasformativi della morte, capace di sciogliere tutte le forme e dare nutrimento ad altri esseri viventi.Anche i materiali utilizzati tradizionalmente per forgiare questi teschi, lo zucchero dei dolci e le splendenti perline colorate, sembrano alludere alla magnificenza di queste facoltà. I teschi di zucchero portano inciso il nome del defunto, e vengono consumati dai suoi parenti, in una metafora dell’endocannibalismo delle epoche arcaiche, una pratica che può sembrarci aberrante, quando è prima di tutto una manifestazione di amore estremo.El Dìa de Los Muertos si rifà alla tradizione dell’Aldilà precolombiano, in cui le anime dei morti trovano la loro collocazione secondo una sorta di legge del contrappasso, in base alle circostanze della loro dipartita. Il Mictlan, un luogo di noia e oscurità, per di più difficile da raggiungere, è riservato ai morti di morte naturale. Come dire che chi si arrende alla morte, aspettando il suo arrivo, deve sottostare alla potestà dei suoi Re, in una duplicazione delle dinamiche di potere ed infelicità esperite in vita.
Mictlancihuatl, la Regina dell’Oltretomba azteco, si è in seguito evoluta nella Santa Muerte, la Flaca, la Signora delle Ombre di derivazione cristiana. Proseguendo con la mappatura dell’Aldilà, l’Omeycan è un paradiso di festa e gioia per i figli del sole, morti di morte violenta, in guerra, di parto, o come vittime sacrificali. Il Tlalocan, infine, è un luogo di riposo per la gente deceduta in circostanze legate all’acqua, oppure per malattia. In epoca precolombiana, i morti erano talmente importanti da meritare due festività. In estate, appena spuntava una pianta chiamata xòcolt, veniva celebrata Miccailhuitontli, divenuta poi la Fiesta de los Muertitos. Lo xòcotl per l’occasione veniva scortecciato e adornato di fiori, e la celebrazione durava venti giorni. Al termine di essa c’era Huey Miccailhuitl , in seguito denominata la Fiesta de Los Muertos Grandes, la quale si concludeva con una processione e delle danze intorno all’albero del xòcotl, che veniva infine abbattuto.
El Dìa de los Muertos proviene dalla fusione delle feste pre-ispaniche con la cultura cristiana di matrice spagnola portata dai conquistadores. È una festa esplosiva, così spettacolare da essere stata dichiarata patrimonio dell’umanità.A livello privato, nelle celebrazioni domestiche, vengono invitati gruppi musicali, per suonare le canzoni che piacevano alla persona deceduta.L’altare del defunto si compone con oggetti che gli sono appartenuti, sue effigi o fotografie, offerte di cibo e bevande che era solito apprezzare, incenso, icone sacre, ma anche immagini di personaggi pubblici come Frida Kahlo o Diego Rivera. La tequila per gli adulti, e i giocattoli per i bambini. E poi, fiori. Perchè sono belli, da un lato, ma dall’altro, essendo fiori recisi, appartengono già al reame della morte, sono degli esseri morenti in silenziosa agonia. Per tornare nella propria dimora, il morto trova la strada grazie a un percorso disegnato sui pavimenti dell’abitazione, con petali di fiori, ma anche grazie alle volute di fumo dell’incenso che brucia sopra il suo altare. Durante il banchetto, è usanza offrire ospitalità al primo sconosciuto che passa e raccontargli aneddoti della vita del caro estinto. Il party deve essere allegro, per evocare la felicità provata da tutti prima della dipartita. È un processo di purificazione della memoria, per ricordare solo le cose piene di gioia.
HALLOWEEN E SAMHAIN
I colori tradizionali di Halloween, prediletti da Tim Burton e da Jack O’Lantern sono l’arancione e il nero. Perché l’arancione è il colore dell’estate, del fulgore del sole e dei frutti della terra giunti alla loro piena maturazione, mentre il nero è il colore del sonno e dell’inverno, con le sue notti lunghe e i terreni privi di vegetazione. Halloween è una festa americana, derivata della tradizione celtica di Samhain.
Samhain coincideva con la fine dell’estate, e segnava il tempo dell’ultimo raccolto. Era usanza accendere grandi falò, e i villici li alimentavano spesso con le ossa del bestiame macellato, in particolar modo i maiali.
Samhain è la festa liminale per eccellenza, una celebrazione della soglia fra l’anno vecchio e l’anno nuovo, fra la stagione calda e quella buia e fredda, fra il mondo dei vivi e il reame dei morti. Secondo le leggende celtiche Samhain è il giorno che non esiste, in cui coesistono distruzione e rinascita, fine ed inizio, passato e futuro. La barriera di confine fra i mondi viene abbassata, fino a che i morti non trovano il varco per tornare nei luoghi in cui hanno vissuto. L’eternità del sid, il regno degli esseri fatati, inficia lo scorrere del tempo, e le porte dell’annwn, il regno degli spiriti, si aprono. Tutti i focolari del villaggio vengono spenti, per essere riaccesi dal contatto con il fuoco dell’altare sacro. Per i Celti, Samhain è l’inizio dell’anno.
OBON
La festa di Obon viene invece celebrata in Giappone. Come viatico per tornare alle proprie dimore terrestri, i morti giapponesi utilizzano la luce delle migliaia di lanterne, candele e fiaccole accese in loro onore. Le case vengono scrupolosamente pulite, per ricevere in modo degno gli ospiti in arrivo dall’Oltretomba. Il cibo rituale da destinare ai defunti è costituito da dolci di riso ricoperti da marmellata di azuki. Le fonti luminose vengono riaccese in massa alla fine della festa, per agevolare ai morti il ritorno verso il proprio mondo. Secondo la tradizione giapponese, il mondo dei vivi, lo Shaba, e quello dei morti, il Meido, sono coesistenti sullo stesso piano di realtà, come due dimensioni parallele, dai confini mobili ed indefiniti. I defunti proteggono i vivi. Per commemorare i morti, anche in Giappone si usa danzare intorno ad un falò.
LA BIANCA SIGNORA
Tutte le tradizioni delle feste dei morti si rifanno a una delle prime forme di spiritualità umana, una religione transculturale e transcontinentale, quella della Grande Madre. Nel Libro dei Sogni di Artemidoro di Daldis l’espressione dormire con la Dea significa morire. Non ci sono pervenute notizie riguardo ai rituali di questa religione, ma solo il suo alfabeto simbolico, che postula l’interconnessione profonda fra la vita e la morte, per cui da ogni morte nasce una nuova vita, in un ciclo perpetuo. La Dea delle religioni primeve regnava su tutte le forme e tutte le fasi dell’esistenza, quindi era anche la Dea Avvoltoio che afferra l’anima, la rigida Bianca Signora, Colei-che-Toglie-la-Vita, chiamata anche Madre dei Morti.
DOLCETTO O SCHERZETTO ?
Dolcetto o Scherzetto? Il cibo, assieme al sesso, è l’ossessione attribuita ai ritornanti. I banchetti funebri servono per placare la fame del defunto. Su questo tema sono stati scritti trattati di alta speculazione come la Dissertatio Historico-Philosophica de Masticatione Mortuorum, di Philip Rohr, anno 1679. Grandi pentole di legumi, spesso fave, venivano offerte a Hermes Ctonio, l’epifania di Ermes Psicopompo, il dio traghettatore delle anime dei defunti. Altri cibi graditi ai trapassati erano quelli pieni di semi, come il melograno, perché i semi piantati nel terreno sono omologhi al sepolto, in attesa di rigenerarsi. In Italia c’è una tradizione molto radicata di dolciumi preparati appositamente per il due novembre, dalle fave di morti emiliane, alle ossa di morto di Piemonte e Lombardia, dal torrone di morti napoletano, fino alle dita di apostolo siciliane.I bambini travestiti da creature terrificanti, che minacciano lo scherzetto se non ricevono il dolcetto, sono metafora non solo degli spettri che esigono il loro tributo in cibo rituale, ma anche della continuità fra le generazioni, fra gli antenati e i e quelli che sono da poco venuti al mondo.
I morti sorridono sempre. E dicono:
Noi siamo stati voi. Voi diventerete noi. Noi e voi siamo la stessa cosa.
Bibliografia
http://www.antika.it/008365_antica-roma-spiriti-malvagi-dei-defunti.html
Edgar Morin, L’uomo e la morte, Biblioteca Meltemi 2002.
Jim Heimann, Halloween Vintage Holiday Graphics, Taschen, 2005.