MOTHER NATURE AND LOVE _ Analisi de “Il Quinto Elemento” di Luc Besson



 Il dolce suono mi colpì di sua voce

Ah, quella voce m’è qui nel cor discesa

Edgardo! Io ti sono resa. Edgardo! Ah! Edgardo mio…

Lucia di Lammermoor, mentre impazzisce


Voi umani… agite in modo strano. Quello che create lo usate per distruggere.

A che scopo preservare la vita, visto l’uso che ne fate?

Leeloo, il Quinto Elemento

 


Se Nirvana è un’opera di cyber-fiction complessa e stratificata, sia dal punto di vista narrativo che filosofico, Il Quinto Elemento è come una superficie patinata, sfavillante e spettacolare. I suoi sbierluccichii si riflettono in ambientazioni decò da videogame, dee della bellezza contemporanea, fashion star, camei di fotomodelle/i, crociere in villaggi interstellari con quattrocento spiagge, baiadere queer, cantanti liriche extraterrestri e una buona dose di azione corri-spara-salta-esplodi.

La struttura de Il Quinto Elemento è tanto semplice che più di così si muore. La classica, manicheista lotta del bene contro il male.

Il male è un’enorme mole galattica nera, dotata di intelligenza diabolica. Si nutre dell’odio che gli viene rivolto contro, la sua prossimità causa delle emorragie di sangue nero e denso anche ai suoi seguaci, e il suo scopo è la distruzione totale della vita. Il rappresentante del Male sulla Terra è Jean-Baptiste Emanuel Zorg. “La vita che lei tanto nobilmente  serve nasce dal disordine, dalla distruzione e dal caos. Ma, provocando una certa distruzione, io in realtà incoraggio la vita.” Ironico sofista, zoppo come il diavolo, con un cappotto di lattice gessato foderato in rosso che ha fatto inorridire Gary Oldman la prima volta che l’ha visto, Zorg ufficialmente fa il mercante d’arte, ma in realtà è un tycoon globalizzato con le mani in pasta ovunque (anche nella ditta di taxi di Korben Dallas). Preferisce licenziare un milione di operai piuttosto che cinquecentomila, e si diletta di contrabbando di armi supertechno con la feccia terrorista della galassia. Il suo assistente – che Zorg non esiterà a far saltare per aria al primo errore tramite un cellulare-bomba in stile Mossad – è niente meno che Tricky.

Fra i buoni, c’è Bruce-Tufo-Willis, ovvero Korben Dallas. Ex soldato, unico sopravvisuto della sua unità, Korben fa il tassista alla guida di un trabiccolo bombato e volante, con un gommone al posto delle ruote e i dadi di pelouche appesi allo specchietto retrovisore. Per farlo partire, Korben deve inserire la patente in una fessura della macchina, e l’auto lo aggiorna su quanti punti gli rimangono. (Perché, all’epoca del Quinto Elemento, la patente a punti era fantascienza…) Korben indossa una canottiera arancione molto taura, degli stivalazzi anfibi e una serie di abiti in stile Cyberdog. Anche Korben, come Jimi di Nirvana, ha una casa interattiva. Ma la sua è chiassosa come una sveglia, baraccona come una slot machine, petulante come la voce preregistrata delle compagnie telefoniche, almeno tanto quanto quella di Jimi è sofisticata. Insomma, un cubicolo minuscolo in stile Tetris, con letti a cassetto e doccia posizionata in modulo sopra al frigo. E poi acquario finto Made in China, premi militari, e una gatta bianca che Korben saluta con “Ciao amore”, e che nutre con crocchette Gemini Superactual e cibo coreano. Appena si sveglia, la casa gli ricorda che il suo obiettivo è smettere di fumare, e gli concede quattro sigarette, in cui le proporzioni fra filtro e tabacco sono invertite rispetto alle nostre. Korben ha un rapporto conflittuale con la mamma e avrà un ruolo determinante nell’attivare il potere del Quinto Elemento.

I guardiani del Quinto Elemento sono i Mondoshawans, golem spaziali con spalle come dorsi di creature marine e dita che nascondono chiavi di filigrana finissima. Essi custodiscono quattro inestimabili opere d’arte minimal, ovvero le quattro pietre di terra, acqua, aria e fuoco, e il sarcofago urlante che contiene il Quinto Elemento.  La definitiva arma biologica contro il Male, l’essere supremo, il guerriero assoluto, capace di generare quella che gli antichi chiamavano la luce della creazione. Una persona perfetta, incarnata nel corpo di Milla Jovovich. E scusate se è poco. La Jovovich è stata l’icona assoluta della bellezza di fine millennio, assieme agli sballi di Kate Moss, al sedere a mandolino di Nicole Kidman e al caschetto nero di Uma Thurman in Pulp Fiction.  Milla è stata scelta per il ruolo di Leeloo dopo cinquemila provini di altrettante candidate.

Dopo l’attacco terrorista dei puzzolenti punkabbestia Mangalore al soldo di Zorg, la cosmonave dei Mondoshawans si schianta, e del Quinto Elemento rimane solo un guanto dell’armatura, con dentro una manciata di cellule vive. Ma tanto basta. “Gli esseri umani hanno quaranta memo-gruppi, più che sufficienti per la continuazione della specie. Costui ne ha duecentomila.”

leelooIpnotizzati da cotanta perfezione, da questa “infinita conoscenza genetica”, gli scienziati terrestri mettono il residuato cellulare in una capsula, e lo usano per clonare ciò che manca. Braccia meccaniche tagliano midollo, ossa e tessuti, ricreando lo scheletro e la carne con un andamento da macchina per scansioni. Il bombardamento ad ultravioletti forza il corpo a reagire, producendo uno strato di pelle. Infine lo scudo viene rimosso, presentando la versione cibernetica della principessa addormentata nella bara di vetro. Il bendaggio termico dota Leeloo dell’iconica tuta bianca Gaultier, passata attraverso mille meno soavi imitazioni. La principessa si sveglia per la luce di un flash, boccheggiando ed inarcando la schiena all’indietro. Ha un caschetto di capelli rossi con ricrescita decolorata, da rave party. Una mimica a scatti da cucciolo di predatore. Sfonda il cilindro infrangibile, e scappa lungo il cornicione dell’edificio, nella vertiginosa città sviluppata nel senso dell’altezza, con infiniti strati di traffico aereo ed ultra-veloce.

Per sfuggire dalla polizia Leeloo si tuffa nel vuoto, finendo nel taxi di Korben.

Occhi a mandorla verde acqua, viso straordinario ed espressivissimo abbellito da uno sfregio sinuoso, Leeloo risponde al sorriso del tassista ed inizia a parlare nell’idioma degli dei. Tutta gesti ampi e secchi, bronci, pianti e sorrisi da bimba. L’unica cosa che la identifica è il tatuaggio a buchettini con i simboli dei quattro elementi.

A casa del prete esperto in astro-fenomelogia Vito Cornelius, Leeloo divora polli interi, si mette l’ombretto con il truccatore istantaneo, ed impara  cinquemila anni di storia terrestre leggendo a velocità supersonica dei file sul computer, anticipando di due anni il metodo d’apprendimento di Neo in Matrix.

Leeloo deve riunire in sé gli archetipi del guerriero e della principessa, riuscendoci perfettamente per quello che riguarda la principessa, per la bellezza, la vulnerabilità, gli svenimenti, e in maniera piuttosto altalenante per il versante guerriero. Il Quinto Elemento è KO dopo la prima scaramuccia e i primi quattro colpi di mitra, ed è completamente dipendente dal suo partner per l’attivazione del proprio potere, che avverrà con un orgasmo di luce in seguito al bacio d’amore delle favole.

Leeloo è il polo magnetico di attrazione de Il Quinto Elemento, come conferma la scena in cui arriva alla lettera W dell’alfabeto, e scopre la parola WAR, con tutte le immagini di orrore fotografico dello scorso secolo. Il suo pianto stravolto costituisce una delle scene più belle del film.Solo i costumi di Jean Paul Gaultier possono gareggiare con la Jovovich per magnitudo di fascino. Gaultier miscela perfettamente le cablature cyber richieste dal genere, la sua personale passione military e l’estetica da discoteca tendenza di fine millennio. I militari de Il Quinto Elemento indossano divise che vanno dal beige volpe del deserto al verde chirurgo bordato in rosso, hanno baschetti da paracadutisti e cappotti sfiancati da soviet. Ci sono pure dei marinaretti con la tipica maglia a righe. I poliziotti, che se non ti beccano entro mille/duemila metri è tutto condonato,  sfoggiano caschi e bardature che ricordano yoroi e kabuto, ovvero le armature e gli elmi dei samurai. L’assistente nerd di Vito Cornelius porta in testa una kippah che incrocia la collezione autunno-inverno 1993 Rabbi Chic con le coppe sado-maso a punta del Blonde Ambition Tour. E sotto la kippah, una scodella di capelli in stile Alejandro di Lady Gaga, con una dozzina di anni d’anticipo. Le assistenti di volo hanno tutte capigliatura bianca, naso all’insù e trucco pastellato. Eve Salvail, la top model punk prediletta da Gaultier, con testa rasata e drago cinese tatuato sul cranio, nel film interpreta una terrorista Mangalore, con giacchetta di pelo bianco, boa di piume lunghe e rosse, micro-gonna di plastica trasparente verde acido. C’è un altro modello non identificato ma famoso negli anni Novanta, un biondo che sembra la versione simmetrica ed atletica di Thom Yorke, e che nel film fa l’operaio addetto alla disinfestazione dei parassiti nei condotti dell’astronave. Assieme a lui c’è un rastafari patito di erba, che ricorda la comunità di Zion nel Neuromante di William Gibson.

Poi c’è Aknot, ovvero Vladimir McCrary, il creolo dall’imponente naso della pubblicità CK One di Kelvin Klein.

V ELEMENTORuby Rhod, incrocio fra Prince e Michael Jackson, piomba in scena cantando All Night Long, con bananone fallico di ricci afro ossigenati, scarpe a punta, e tuta gheparda. Ruby è una checca impazzita che ha un misterioso e violento ascendente erotico sulle hostess. “Ti ggiuro!- strilla dopo il decollo- non avevo mai goduto così con … un’umana!” Nella realtà, l’attore Chris Tucker segue lo stile da rapper, ed era terrorizzato dall’idea di vestirsi da donna.

PlavaLaguna è un’altra invenzione spettacolare de Il Quinto Elemento. Altissima, coperta da un burqa integrale, è una creatura in stile Giger, con pelle, sangue e lacrime blu. Plavalaguna comunica per mezzo della telepatia e canta note impossibili da raggiungere per gli esseri umani.

La città, futurista ma vintage come Metropolis, la scena della clonazione del Quinto Elemento, l’aria della Lucia di Lammermoor dopata dai sampler, i trecento costumi di Jean Paul, l’incantevole recitazione della Jovovich costituiscono le cifre vincenti del film. Assieme ad una morale un po’ fricchettona ambientalista, in cui il dio soldo può essere sconfitto dai quattro elementi di cui si compone la natura e, soprattutto, dall’ammore. E scusateci se siamo un po’ naive.


Da The Weird Sisters: __/Berlino, 1999. Dopo essere arrivati in città, Karolina, Dorkò, l’Emilia Paranoica e Mattia approdano inStrasse des 17. Juni, e mentre la percorrono, vedono una gigantografia con il quinto elemento Milla Jovovich, con la pelle plastificata dal computer per la campagna di fine millennio dell’Oreal/__


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