THIS IS NOT ROCK ‘N’ ROLL, THIS IS GENOCIDE___ /La tematica della catastrofe vista attraverso le opere di Banksy, LaChapelle, Chapman Bros e Giacomo Costa


Giacomo Costa 2


Catastrofe, dal greco katastrophè, rivolgimento, riuscita, fine, da katà (giù, in basso) strèpho (volgo)_ rivolgo, capovolgo/ grande sconvolgimento della natura/ rovescio/ conclusione del poema epico/ scioglimento dell’intreccio alla fine del dramma o della tragedia _

Vocabolario etimologico della lingua italiana Ottorino Pianigiani


 Le catastrofi hanno il pregio della varietà: glaciazioni o desertificazioni, malattie incurabili o bombardamenti di asteroidi , tutto fa brodo. I disastri possono essere provocati da ciascuno dei quattro elementi: l’acqua (inondazioni) aria (uragani, glaciazioni) terra (terremoti), fuoco (incendi, desertificazioni da surriscaldamento). Ballard elaborerà proprio una tetralogia, per sperimentare le diverse soluzioni del crollo ambientale. Allo stesso modo molteplici sono le direzioni  della regressione umana: vita tra le rovine con l’uso di residuati, ritorno alla barbarie (medioevi venturi), rapporti di forza primitivi e via dicendo.

Francesco Muzzioli, Scritture della catastrofe


David LaChapelle, deluge David LaChapelle, deluge_Plate30La distopia è un genere letterario fiorito in parallelo con il delinearsi delle magnifiche sorti e progressive del genere umano. Monito rispetto al futuro e alle condotte presenti, in connessione con l’orrore, in contradditorio ai positivismi dello sviluppo indiscriminato, la distopia è il rovescio e l’ombra dell’utopia. La distopia dilata e porta all’estremo le emergenze in atto, e parte sempre da una base di realtà. Proprio per la sua funzione di lente, di specchio, di dispositivo che aumenta la percezione del visibile, l’arte contemporanea si è appropriata della distopia.


Now, not tomorrow. It’s happening now

David Bowie, Outside


Combustibili fossili, deforestazione, mutamenti dei regimi di precipitazione, riduzione del permafrost, aumento delle zone desertiche, acidificazione degli oceani.

I don’t believe in global warming.”

L’affermazione degli scettici. Una lapide. Una scritta che tale Banksy fece sul canale Regent di Londra, con le lettere mezze sommerse dalle acque. Deserto d’acqua (The drowned world) è un romanzo di Ballard del ’62. Il sole si è trasformato in un’enorme ellisse senza contorni definiti, il mare ha rotto gli argini e pochi milioni di superstiti vivono ai poli, trasformatisi nel frattempo in zone temperate. Ai fini di studiare la torrida laguna, una squadra di ricerca si stabilisce sulla sommità dei grattacieli, circondati da gimnosperme giganti che crescono sulla superficie del mare, simile ad una lastra di rame.

La catastrofe ha colto gli uomini in una notte estiva. Si sono precipitati nudi fuori dalle case allagate. Magari con le Nike o gli stivaletti dorati, le tette rifatte al vento, i ventri cascanti, oppure gli addominali scolpiti e i tatuaggi più cool. Chissà se la coolness ha donato loro la forza di morire dignitosamente. Il cartellone di Burger King è diventato una zattera di fortuna per un piccolo fox terrier, quello di Gucci si è spezzato a metà, il tondo della Starbucks sta affondando fra le onde. Crollano i cinema, i pali della corrente elettrica, il cellulare non prende.

Deluge di David LaChapelle si ispira al Diluvio Universale di Michelangelo (1509), e alla Zattera della Medusa di Géricault (1819), che a sua volta trae spunto da un naufragio culminato con episodi di cannibalismo.


 E il vento d’estate che viene dal mare intonerà un canto fra mille rovine
fra le macerie delle città

fra case e palazzi che lento il tempo sgretolerà,
fra macchine e strade risorgerà il mondo nuovo,
ma noi non ci saremo, noi non ci saremo.

 Francesco Guccini_ Nomadi _ PGR


ChernobylAlberi cresciuti nelle aule scolastiche, stadi che si sono trasformati in fitti parchi all’inglese, finestre come orbite vuote. Le odierne immagini di Chernobyl mostrano l’incredibile rapidità con cui la natura si riappropria di ciò che ha dato in concessione all’uomo.

Giacomo Costa, Private Garden 3Scheletri di edifici in una giungla rugginosa, nebbie bluastre, in cui le strutture calcificate dei palazzi si confondono con i rami secchi di grandi alberi. I giardini di Giacomo Costa sono segreti, perché nessuno li può vedere, e privati, perché nessuno ci può più entrare.

La luna, come un faro, illumina un cimitero di ceneri di piante e case. Reticoli di tubature, nelle voragini rimaste delle strade, come i condotti di un corpo scorticato. Costa ci mostra l’ultimo stadio, in cui rimangono solo le ossature portanti dei fabbricati, prima della completa cancellazione della memoria della civiltà e della specie umana.

Giacomo-Costa-art-


 Gli uomini sono tutti morti, e la razza  è perduta.

Giacomo Leopardi, Dialogo del folletto e dello gnomo_Operette morali


unhappy feetQualcosa sta succedendo, fra i ghiacci dei poli. Gli orsi bianchi si radunano in cerchi, terrorizzati come conigli. Qua e là cadaveri smangiati di balenottere azzurre, foche scuoiate, animali mutilati che cercano di scappare. Intorno il blu profondissimo dei mari polari.

Ma non è l’uomo il responsabile di questo sfacelo. Perché l’uomo si è estinto. Qualcuno ha deciso di raccogliere il suo testimone. Tutto si è ribaltato, anche l’ortodossia delle gerarchie alimentari. I teneri, goffi pinguini, con la loro livrea da cameriere arricchita da un collare rosso sangue, circondano i loro abituali predatori ed altre prede assortite.

Colonie di pinguini carnivori, all’assalto dei ghiacciai. I fratelli Chapman, nel plastico Unhappy Feet, mettono in scena l’estremo esito della catastrofe, il ribaltamento totale dell’ordine di natura.


 Personalmente resto un ottimista catastrofico. E se dovessi scommettere, scommetterei sulla fine del mondo in tempi ragionevolmente brevi attraverso qualche disastro chimico o ecologico. (…) (ma) Niente mi impedisce di pensare che se dobbiamo, come temo, estinguerci in questa maniera orribile, si cerchi di fare il possibile per morire in modo degno.  (…) Pessimismo della ragione, che secondo me deve essere assolutamente radicale, ma ottimismo della volontà. Anzi, tanto più la situazione è disperata, tanto più l’ottimismo deve rinforzarsi per cercare al possibile di rimediare e lottare fino in fondo. Insomma, non è un eroico morire in piedi, non è questo il problema, non è individuale, ma collaborare a riparare, per quanto possibile, per quella minima parte che ciascuno può, alla catastrofe, che secondo me è piuttosto imminente.

 Edoardo Sanguineti_ Cut up di interviste video, Feltrinelli editore

Giacomo Costa


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