NATURA/CULTURA E CORPOREITA’: Utopie naturali, politica e surrealismo per la mostra “Le donne vengono da Venere”


Laura Serri,repetita iuvant 2008 014

NATURA/CULTURA

Una delle cifre stilistiche di Laura Serri è l’economia dei suoi elementi espressivi, per sottolineare il contrasto che si crea fra le componenti della sua opera. Da una parte tappezzerie pastellate, perimetri interni e protetti, nidi pieni di bambagia a fiorami color confetto. Di quest’universo comodo e stanziale fanno parte anche le sedie,  di varie fogge e formati. Dall’aerodinamico sdraio di design al canapè da Paolina Bonaparte,  dalla poltrona della nonna a quella Luigi XIV, dal divano sfondato allo sgabello a nido anni Sessanta.

Ed infine, i cervi. Aggraziati come ballerine sulle punte, leggeri, veloci. Con colli lunghi, occhi con pupille a mandorla, spalle potenti e zampine sottili. I cervi si spostano in branchi, e sono agli antipodi di quella  stanzialità rappresentata da sedie e carte da parati. Prede di carnivori e cacciatori, questi animali sono stati fra i primissimi soggetti rappresentati dall’uomo, sulle volte delle caverne nel periodo Magdaleniano. Nelle ere in cui l’uomo si spostava in continuazione, inseguendo i grandi branchi di mammiferi.Cavalcatura degli dei, vittima sacrificale, psicopompo che conduce nell’aldilà le anime dei morti, il cervo compare nei miti di quasi tutte le culture: può avere le corna dorate come nelle fiabe dell’Est Europa, essere lo spirito del peyote e del granoturco per nutrire anima e corpo secondo i Huicholes del Messico, o anche figura di Cristo, nel simbolismo protocristiano. Laura Serri rappresenta i cervi cogliendoli in un’ampia molteplicità di atteggiamenti. Cerbiatti dal mantello mimetico, giovani cervi che cambiano le corna, maschi che barriscono nella stagione degli amori, femmine al galoppo, madri che allattano. Se gli animali riprodotti nell’arte sono quasi sempre figura degli esseri umani, Anna Serri descrive l’utopia di un’umanità pura, leggiadra, che si contrappone all’ethos della forza e dell’aggressione.

Laura Serri, repetita iuvant 2008 025


antonella de nisco 2Antonella de Nisco utilizza un linguaggio primitivo, unendo fronde ramificate come corna di animale ad orditi di fibre grezze che sembrano canestri intrecciati. Pano-rami: che cosa sono questi oggetti misteriosi? Trappole per uccelli? Strumenti musicali azionati dal vento? Segnali per orientarsi nel bosco? Forse i Pano-rami sono degli strumenti rituali, e quindi non hanno alcuna utilità pratica. De Nisco si rifà a codici espressivi perduti nel corso dei millenni. All’epoca in cui l’uomo si emancipò dalla realizzazione di oggetti funzionali, per creare oggetti inutili, ma saturi di significato. Gli oggetti magici, da usare nei riti, da cui poi è nata l’arte.

antonella de nisco 2Nelle installazioni ambientali di Antonella de Nisco sembra che la mano dell’uomo venga aiutata da quella della natura, per creare selve incantate, case fatte d’erba e ragnatele intrecciate di colori. Land Art con la partecipazione straordinaria della Grande Madre.Antonella De Nisco


Anche Silvia Anselmi si avvale della complicità degli elementi per completare le sue sculture di fil di ferro, esponendole in esterno finchè gli agenti atmosferici non le fanno ossidare. Alberi in filo metallico, dal crogiolo che fonde insieme scultura e grafica. Forti come il ferro, delicati e tremanti come un segno di matita. Gli alberi di Anselmi sono ridotti all’essenziale, e danno l’idea del movimento, della crescita costante.

silvia anselmi1


Myriam Molinari rappresenta un campionario di creature morbide e gommose. Creature degli abissi. Il mare, nella sua vastità, può essere accostato alla mente. Gli esseri fantastici di Molinari scaturiscono dalle profondità dell’inconscio. Dalla mente colta nel sonno, nell’atto di montare, accostare, scomporre fra loro delle creature inesistenti: pesci fatti di gelatina, meduse semitrasparenti, piume di struzzo o sacche d’inchiostro di seppie e calamari.  Molinari mette in scena fiabe strane ed inquietanti, sogni, resoconti di viaggio dell’Alto Medio Evo, diari di bordo di un sottomarino a ventimila leghe sotto i mari. Per raccontarci di un mondo fatto d’acqua, etereo e fluttuante.


Sunghe-Oh 2Bilico-filo di ferro 165x110x30

CORPOREITA’

Sunghe-Oh rappresenta il corpo politico, trovatosi al centro di dinamiche di potere. Il corpo della vittima non è necessariamente femminile, infatti viene connotato dall’artista in maniera androgina, per dimostrare la sua universalità. La condizione di prigionia viene suggerita dalla rimozione degli arti: le gambe non possono essere usate per spostarsi, le braccia sono inutili ai fini di un libero operare. È un corpo ridotto a recipiente chiuso e diviso in due. Un vaso che diventa cella, coronata di filo spinato, chiusa da sbarre, cinta di catene. Questi tre busti dolorosi sono statici come mummie, perché il prigioniero è fermo, in uno stato di morte civile. L’installazione è circondata da cocci di ceramica grezza, color mattone, che rappresentano il corpo e la mente frantumati dalla violenza della segregazione.

Sunghe-Oh 3IN-maiolica di faenza,misura umana


Lorenza Franzoni invece cavalca l’onda dell’identità femminile, giocando con tutti i suoi elementi di instabilità e mutamento.

Lorenza Franzoni cornice foto cicconiLe sue tecniche per eccellenza sono due. L’assemblaggio di oggetti, soprattutto pezzi assolutamente folli di lingerie, e il collage, usato per viaggiare nel tempo. Franzoni si trasforma di volta in volta in musa surrealista, con mutande a testa di struzzo e reggiseno ad acquasantiera, turista di fine Ottocento con camera con vista, arredo vivente della propria wunderkammer. struzzo foto cicconiIl pezzo in mostra, Live Collage, unisce una performatività coinvolgente da teatro di strada con la tecnica menzionata, fotografando volti di persone incontrate per caso, e riassemblandoli in immagini polimorfe. Nel segno, ancora una volta, di un’identità mutante.

Lorenza Franzoni, condor foto cicconi


Stella (Stefania Gagliano) lavora sul rapporto fra corpo, cibo, e sesso. Una schiena scolpita dalle ossa che si affianca ad una tazzina di caffè priva di contenuto.

stella stefania gagliano, lezione di danza, signore in un caffè, 2008Un corpo magrissimo, senza testa, piegato di fianco ad un frigo socchiuso come una vergine di Norimberga, vuoto o forse svuotato.stella stefania gagliano oggi non sono vegetarianaBASSAUn autoritratto squisito: castamente vestito di tutto punto, la testa coperta (come quella di un condannato al patibolo, o di un cadavere), le mani giunte al petto, e coltello e forchetta ai lati dei fianchi, come dire ai lati del piatto da divorare.

holy stella (autoritratto squisito)BASSAUn corpo nudo e acefalo viene accostato ad una mannaia. Infine arriva la logica conclusione, nell’Autoritratto in quarti di bue: Fra le zampe dell’animale, aperte con quell’oscenità che riesce solo alla morte, emergono i denti di un teschio.

stella stefania gagliano, autoritratto in quarti di bue, 2009Per quanto stella abbia realizzato un ciclo pittorico sui santi, in questa collettiva rappresenta il corpo nel suo aspetto carnale e profano.


Testo critico per la collettiva Le Donne Vengono da Venere, inaugurazione 27 Febbraio 2010, Paggeria Arte e Magazzini Criminali


 

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