REASONS TO BE BEAUTIFUL ___ Il corpo, la bellezza, l’autodistruzione e il divismo nell’analisi iconografica delle Hole



Lei pende da un albero in fiore. Sarà meglio che bruci quel vestito sorella.


Dalle sue arterie esce zucchero. Io sarò la ferita più grande sul tuo cielo.


E il cielo era fatto d’ametista, e tutte le stelle proprio come piccoli pesci.


 

Hole. Quel buco che ci si porta dentro per aver avuto un’infanzia senza feste di compleanno. Lo squarcio che divide l’anima di Medea e quella di tutte le sue figlie. L’unico organo che può accogliere corpi esterni senza infettarsi.

 Al di là del gossip, dell’amore e dell’odio, le Hole configurano un universo poetico di grande suggestione.

 Radici di sangue, cancri, cicatrici, carne caramellata, ossa come pugnali, bocconi neri e sanguinolenti da trangugiare. I testi delle canzoni _ in particolar modo quelli di Pretty on the Inside _ sono pieni riferimenti al corpo. Live Through This non è da meno: l’occhio da sacrificare per avere un po’ di rispetto nel mondo della rettitudine; la testa della strega da tenere come trofeo, dopo aver bruciato il suo corpo; le labbra, le gambe, le braccia della bambola. E il suo cuore, in attesa del coltello.

Sulla copertina del singolo di Asking for it ci sono due polsi attraversati dagli squarci delle lamette. In tutta la produzione lirica di Courtney Love si ripetono immagini di autodistruzione: “La Love si impicca con le sue lenzuola dentro la sua cella.” “Ne ho avuto abbastanza, ricordati , tu me l’avevi promesso, ti prego, sto morendo.” “Sono Miss Mondo, qualcuno mi ha ucciso. Ho fatto il mio letto ci morirò.” “Sento i cavalli che arrivano al galoppo, alla fine dell’estate, per portarmi in paradiso.”

L’iconografia delle Hole si compone di simboli di una bellezza cristallizzata, polverosa, pop, e nello stesso tempo irreale come un sogno.

La metafisica dei glitter, che si compongono di sogni infranti. Corone di strass da beauty queen. Scarpette a punta di raso. Ballerine imprigionate in piroette eterne dentro ad un carillon. Ombre cinesi di streghe in volo davanti alla luna. Angeli.

Un immaginario che è la quintessenza dei feticci classici della femminilità: rossetti, erogatori vintage di profumo, piumini da cipria, tacchi a spillo, anelli di fidanzamento, vestiti di fuoco o di pizzo scadente. Dai poeti in lingua d’oca fino alla musica rock, il cuore è sempre stato metafora dell’organo sessuale femminile. La rosa, fiore consacrato ad Afrodite e presente nella corona di Ecate, è simbolo di perfezione senza difetto, di movimento, rinascita, ma soprattutto del dono dell’amore.

Oltre all’icona della Miss, simbolo di integrazione e splendore conformista, oltre alle ballerine classiche, immagini di grazia ed incorporeità _ entrambi ascrivibili al polo del rimpianto per i desideri irrealizzabili_ Courtney tira spesso in ballo un archetipo femminile più carnale, tipicamente americano, la go-go girl. Quello della spogliarellista è un mestiere che la Love conosce bene. È stato grazie ad esso che durante l’adolescenza si è emancipata economicamente dai suoi genitori assenti. Ci ha tamponato la fine del mese prima di arrivare al successo. Infine lo ha recitato in maniera magistrale in The People vs Larry Flynt.La spogliarellista è il gradino più basso e più esplicito dello star system: un’icona sessuale, da guardare, desiderare, ma da non toccare, se non tramite l’elastico del perizoma per infilare la mancia.

In realtà, sono le sante e le madonne col sacro cuore a rappresentare il grado zero del divismo, nel suo senso primario di diffusione massiccia di immagini da adorare. Anche nella loro accezione nascosta, di eccezionalità acquisita tramite il dolore. Un dolore interno, lacerate come un cuore trafitto, che viene palesato agli spettatori tramite parole o immagini, esattamente come lo squarcio nell’anima di Medea. Nell’artwork di Pretty on the Inside la Madonna del Sacro Cuore viene riecheggiata tre volte, in un santino, nel busto perfetto di una modella, e nel triste corpo di una ragazza grassa in procinto di andare sotto ai ferri del chirurgo, atteggiata nella stessa posa. Courtney Love indosserà il Sacro Cuore sulla copertina del quarto disco.

Altre figure ricorrenti nell’immaginario Hole sono le protagoniste delle fiabe classiche. Prima fra tutte Cenerentola, citata nel testo di Celebrity Skin: “Cinderella they aren’t sluts like you.” Cenerentola, in metonimia tramite la scarpetta di cristallo, intera sul retro del singolo Softer Softest, infranta e insanguinata in quello di Skinny Little Bitch. Le glass shoes fanno parte della divisa delle spogliarelliste americane, ed esiste una foto di Courtney da giovane mentre le indossa con il palo della lap-dance fra le gambe. Oltre a Cenerentola, c’è la Bella Addormentata nel Bosco. Nell’agghiacciante video di Mono la Love scappa inseguita da fotografi e gruppi gangsta-rap, generando per partenogenesi una schiera di piccole Miss America che alla fine la vegliano in una bara di cristallo, sotto ad una luna piena smisuratamente grande.

Dopo Live Through This, inizia una specie di via crucis fra le palme di Malibù. Uno scenario che si compone dalla macchina accartocciata di Jane Mansfield sul ciglio della strada, dal mondo dorato dei surfisti e del Walk of Fame, e soprattutto dal lato oscuro della popolarità. Le palme in fiamme alla David Lynch. Le roulotte, che possono essere sia i camerini delle star, che le abitazioni dei perdenti.

Il disco Celebrity Skin propone una nuova teoria di figure femminili. La spiaggia di cloni di Pamela Anderson, a metà strada fra una Venere siliconata che nasce dal mare e una Madonna con bambino di plastica. Le mannequin da musical anni Quaranta, che improvvisamente tirano su le gonne come ballerine di can-can. Un’ideale estetico sempre più standardizzato, inarrivabile, vuoto.Nei testi delle Hole ci sono in continuazione riferimenti alla propria bellezza percepita dagli altri: porti bene i tuoi anni, sei brutta proprio come me. Dammi un motivo per essere bellissima. Devi essere una modella, o almeno averne l’aspetto. Quest’imperativo sembra aver spinto in maniera folle la Love degli ultimi anni, quella delle oscillazioni di peso fra lo scheletro ambulante e i cento e passa chili, delle labbra gonfie di silicone, della chirurgia plastica che tutto livella, anche il passato e l’identità.

Nell’artwork dell’ultimo album ritorna il tema della decollazione, alluso già nell’apparato iconico e nel titolo del terzo ep. My Body The Hand Grenade è una citazione di Jane Mansfield, morta decapitata in un incidente d’automobile riprodotto in fotografia nel booklet. E ora Maria Antonietta, Anna Bolena, Maria Stuarda. Regine decollate e ghigliottinate, che segnano la fine di tutte le maestà. Ma anche figura simbolica della divisione inconciliabile fra testa e corpo, intelletto e sessualità, desiderio e realtà.

Courtney Love ha sempre cantato di fragilità, forza, amore, morte, dolore e redenzione. Ha raccontato le viscere, il corpo, il sesso. L’inadeguatezza. Il desiderio di essere bella.

Ma la ferita non si chiude mai, e l’ultimo disco porta il titolo di Nobody’s Daughter.


Il primo capitolo di The Weird Sisters si intitola The Hole.


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