DZIADY ___ La Festa dei Morti polacca, la subcultura dei mendicanti erranti della Polonia contadina e le creature soprannaturali slave


Dziady di Adam Mickiewicz, cartolina di Konstaty Gorski


La Polonia, nonostante il cattolicesimo imperante, ha un’immane tradizione folklorica relativa a creature soprannaturali, demoni e ritornanti. Oltre a ciò, in Polonia c’è un antico apparato di credenze e rituali per celebrare la festa dei morti, un vero e proprio Halloween di area slava documentato fino al XIX Secolo e denominato Dziady. La festa dei Dziady presenta caratteristiche di autonomia fideistica e cultuale rispetto alle altre tradizioni simili a livello europeo e mondiale. La credenza di un giorno in cui i morti tornano nel mondo dei vivi è transculturale, si ritrova in una miriade di luoghi diversi, fra cui l’Europa celtica e i paesi anglofoni odierni, l’Antica Roma, il Giappone, il Sudamerica precolombiano e contemporaneo. A uno sguardo generale su queste leggende e sulle relative usanze abbiamo già dedicato questo articolo.Dziady 2009, RKP, Chram MazowieckiLa festa dei Dziady è stata celebrata per millenni nelle campagne polacche, ma anche in altre zone di area slava come la Bielorussia, l’Ucraina, la Lituania, la Russia e la Curladia, ovvero una parte dell’attuale Lettonia. È una tradizione antica che proviene dai proto-Slavi e dai Balti. Gli Slavi avevano non una, ma tre o addirittura sei feste dei morti nel corso dell’anno, a seconda dell’area. Le più importanti erano il due di maggio e nella notte fra il 31 ottobre e il primo novembre. L’idea centrale di questa festa è che i morti non siano del tutto morti, ma che possano tornare fra i vivi almeno in periodi prestabiliti dell’anno, e che sia necessario adempiere ad una serie di atti propedeutici per propiziare un loro felice ritorno. Questi riti partono fin dalle primissime fasi della morte.dd-mickiewicz_-_dziady_czesc_iv_-_rys-_czeslawa_jankowskiegoIn effetti, oltre che funzionali all’elaborazione del lutto di chi resta, i riti funebri sono anche rituali di iniziazione per i morti, in cui il corpo del defunto viene lavato e preparato a una nuova fase della sua esistenza, quella oltremondana. Nella Polonia della civiltà contadina, per secoli, erano prescritte una serie di pratiche per evitare che il morto seppellito da poco tornasse subito nel mondo dei vivi. Per questo motivo spesso i morti venivano sepolti senza scarpe, con l’eccezione delle giovani madri, alle quali le scarpe venivano lasciate di modo che potessero percorrere agevolmente la strada dal cimitero alla loro casa, per occuparsi dei loro piccoli orfani. Wilhelm Kotarbiński - Anioł na cmentarzu (Angel in a Cemetery)La vita dopo la morte non era ritenuta granchè diversa da quella prima, e si credeva che i morti adempissero alle stesse funzioni dei vivi, che avessero le stesse esigenze e gli stessi bisogni. C’erano delle usanze funebri peculiari che rivelano l’aderenza a queste credenze. Ad esempio, nelle bare dei morti venivano messi degli oggetti consoni al loro status: i bambini avevano i loro giocattoli, gli studenti si portavano nell’aldilà i loro amati libri, gli uomini ricevevano per il viaggio del tabacco, le donne incinte si portavano il corredino per il loro nascituro, i pescatori non erano pronti per partire se qualcuno non aveva messo nella bara le loro reti. Anche gli ubriaconi venivano onorati con tutti i crismi, e nelle loro bare si metteva una bottiglia di vodka. vodka expecto patronumEra assolutamente prescritto di porre nella bara tutti gli oggetti che potevano servire al morto, altrimenti, per la festa dei Dziady, il defunto sarebbe tornato a reclamarli. Una volta pacificato nelle sue esigenze, sarebbe potuto tornare per fare cose più utili, come ad esempio per rivelare dove aveva nascosto dei soldi, o per chiedere perdono per qualcosa che aveva fatto da vivo.

Cimitero Rotunda, Beskid Niski, via bialczynski wordpress-2La parola dziady (pronuncia giàde) ha molteplici significati, Piotr Grochowski ne segnala addirittura cinquantasette. Il primo e il più importante è quello di “i Vecchi”, nel senso degli Antenati. “Moje dziady i pradziady” vuol dire letteralmente “i miei nonni e bisnonni” e indica la linea ascendente della propria genealogia. Per indicare propriamente i nonni, si usa piuttosto il diminutivo “dziadki”. La parola dziady ha un significato spostato rispetto a nonni, più profondo ed epico, perché indica gli antenati morti, gli avi.

Ma dziad, oltre che “vecchio”, significa anche “pezzente”, “mendicante”. Nella civiltà contadina polacca si riteneva che spesso i propri antenati venissero a bussare alla porta di casa sotto forma di sconosciuti questuanti, e che pertanto bisognasse trattare i mendicanti con dignità e rispetto. Si riteneva che i mendicanti avessero contatti privilegiati con l’Aldilà, forse per il loro essere costantemente esposti al rischio di morte per inedia o freddo. Inoltre i mendicanti, viaggiando da un luogo all’altro, avevano una natura erratica omologa a quella degli spiriti.louis boulanger, Les Fantômes, 1829Oltre a ciò, secondo Poniatowski, la parola dziady poteva indicare anche una serie di creature soprannaturali. Altre accezioni della parola possono designare l’ultima fascina di grano del raccolto. Ma in qualche modo tutto ciò ha a che fare con l’idea della morte. Nel corso dell’articolo vedremo in che modo.pejzaz_z_kosciolkiem


I MORTI

SONY DSCI Dziady in quanto spiriti degli antenati tornavano soprattutto durante la notte fra il 31 ottobre e il primo novembre, e durante questo periodo bisognava osservare una serie di tabù per permettere che l’andata e il ritorno dei morti avvenisse senza intoppi e soprattutto che i morti ritenessero la visita presso i vivi soddisfacente. Nonostante ci fossero scambi di doni fra i vivi e i morti, la potenza della morte era ritenuta qualcosa di indomabile e completamente altro rispetto alla vita. I morti andavano ospitati e rispettati per le feste loro preposte ma erano comunque una presenza pericolosa e destabilizzante. I rapporti fra le due fazioni quindi, fra i vivi e i morti, erano strettamente regolamentate, per non rischiare di scatenare l’ira dei defunti.Ilustracja do dramatu pt. Dziady część II, rys. Czesław JankowskiEra necessario tenere usci e finestre accostati, per favorire la loro entrata. Era proibito buttare l’acqua sporca fuori dalla finestra, per evitare di centrare in testa l’anima di qualche antenato. Non si poteva cucire, né filare o tessere, perché lo spirito di qualcuno poteva rimanere imprigionato nei punti o nella trama dell’ordito. ricamo raffigurante l'antica dea slava Mokosz, divinità della terra, della morte, degli intrecciA tavola era necessario comportarsi non troppo rumorosamente, e non ci si poteva alzare di scatto, per non spaventare i Dziady. Non si poteva neppure accendere il fuoco nel camino, perché spesso le anime passavano proprio per la via tradizionale da cui entra Babbo Natale. Maksymilian Gierymski, Jesień w miasteczku, 1868 r., olej, płótno dublowane, 32,5 x 43,5 cm, fot. DESA Unicum.Bisognava limitare al minimo i lavori nei campi, perché i campi quel giorno si riempivano di spiriti. Per i Zaduszki (il due novembre) non si poteva stirare con la pressa, fare il burro, qualsiasi cosa che potesse schiacciare o imprigionare da qualche parte un’entità immateriale.Jan Holewiński (Polish, 1871-1927), “W Zaduszny Dzień” (During the Zaduszki - All Souls Day in Poland). Copy of the painting published in “Wędrowiec” magazine, 1899Oltre a queste prescrizioni, era necessario fare tutto quello che si fa quando arrivano degli ospiti, quindi rifocillarli, scaldarli, offrire loro la possibilità di rilassarsi facendo un bagno o una sauna.via la minutedeco-2Il cibo che veniva offerto era cibo rituale. Le uova, simbolo di rinascita, erano gradite, assieme all’orzo, che costituiva la base di carboidrati della dieta contadina mitteleuropea. Il miele, che in molte culture è alimento o libagione delle divinità, era molto apprezzato. Poi c’era un piatto tipico della cucina slava, la kutia, una bomba di nutrienti, proteine e zucchero a base di semi di zucca, uvetta, grano, semi di papavero, miele, noci, arancia candita, e talvolta latte o panna. Kutia-(poppy-seed, via sbsOltre ai dolcificanti, la kutia è formata principalmente di semi. Il seme è legato alla simbologia precristiana della morte, che implica sempre e necessariamente l’idea della rinascita. Il seme rappresenta il defunto seppellito nella terra, pronto a trasformarsi in altra vita. Il frutto che lega Persefone all’Ade, il regno dei morti, è un melograno, proprio per il suo essere pieno di semi. Il papavero in particolar modo è legato al sonno, Hypnos, fratello di Thanatos. Polish matchbox label via Jane McDevitt flickrI prodotti caseari erano molto importanti; se non fossero stati offerti ai Dziady le mucche “si sarebbero seccate”. E poi, chiaramente, per un’ospitalità est-europea degna di questo nome, non poteva mancare la vodka. zubrowkaDurante i pasti in occasione delle feste dei morti era usanza rovesciare o versare parte dei cibi per gli spiriti. Un altro modo per adempiere a quest’usanza era di dare il cibo rituale, o il cibo preferito dai propri defunti più prossimi, ai mendicanti erranti. Nelle zone di Bialystok e nel voivodato della Podlachia ancora si usa portare piccole offerte di cibo sulle tombe, nei giorni compresi fra il primo e il due novembre. Nella Bielorussia il cibo spesso veniva affumicato con della resina raccolta nei formicai per la festa di San Giovanni. LA SAINT-JEAN, 1875 By Jules BretonIl tavolo doveva essere rivestito con una tovaglia bianca lavata di fresco e illuminato con candele di produzione casalinga. Dopo aver recitato le preghiere, il capofamiglia si metteva sulla soglia della casa e recitava delle formule di invito: “O Dziady, vi invitiamo, venite, volate verso di noi, mangiate e bevete ciò che il buon Dio ci ha dato. Vi stiamo offrendo il cibo migliore che abbiamo in casa. Prego, prego!” Poi ci si sedeva tutti al tavolo, ma in modo che ogni commensale fosse distante dall’altro, perché vicino ad ogni vivo si doveva sedere un morto. Per prima cosa, si beveva la vodka. Ogni bevuta e ogni portata andava a finire per metà nel bicchiere e nella scodella dei morti. Il pasto era consumato in un clima cupo. Деды-2Alla fine c’era la formula di saluto rituale: “O Dziady, mangiare avete mangiato, bere avete bevuto. Ciao ed ave a voi. Diteci, vi serve qualcosa? Ma meglio ancora, volate, volatevene in cielo. Via! Via! Via!”. Tutti gli avanzi venivano lasciati sul tavolo fino al giorno dopo e le porte si lasciavano accostate fino al canto del gallo.gallo 1, segnalibro di cworka-2Altrimenti, la festa poteva essere organizzata direttamente al cimitero, e in quel caso le cose avevano un altro tipo di atmosfera, molto meno lugubre, più festosa.banchetto sopra la bara al cimitero, voivodato di Huculszcyzna, anni Venti del XX secolo, via dziady di piotr grochowski, edizioni paralele-2 Questi party cimiteriali in Bielorussia erano chiamati radaunice, e venivano fatti il martedì successivo al Lunedì dell’Angelo, per cui erano detti anche la Pasqua dei Morti. Al pomeriggio si portava un sacco di roba da mangiare alla necropoli locale, con uova dipinte di giallo e rosa ed ettolitri di vodka. absolut deathUna volta giunti al cimitero, per prima cosa si diceva la messa. Dove non era disponibile un pope, la sua funzione veniva adempiuta dai mendicanti, che pregavano e cantavano in coro le loro canzoni per i morti. Le donne di tanto in tanto singhiozzavano, e poi via via iniziavano ad urlare, come le prefiche dell’Italia del sud. Le uova dipinte venivano fatte rotolare sulle tombe dei propri cari e sepolte. Poi il banchetto veniva apparecchiato dagli anziani, sopra la tomba di una persona di riguardo. Gli uomini dovevano stare allegri, mentre alle donne era prescritto di lamentarsi a gran voce anche durante il tragitto verso casa. radaunice, pasqua dei morti, voivodato di Rzeszow, periodo fra le due guerre mondiali, via dziady di piotr grochowski, edizioni paralele-2I Dziady, oltre che essere rifocillati, dovevano essere riscaldati, quindi si accendevano dei falò. Lesza Ślężyńska, Dziady, RKP, 2008, PeciceChi era morto di morte violenta riceveva un trattamento speciale, soprattutto nelle zone limitrofe ai monti Tatra, che erano infestate da banditi. Tutti coloro che passavano nel luogo in cui era avvenuta la violenza vi dovevano lasciare un pezzo di legno, finchè non si formava una catasta. Questa catasta veniva incendiata proprio per la notte dei Dziady.Cemetery in Rumia, Poland during the All Saints’ and All Souls’ days [in Polish Wszystkich Świętych and Zaduszki]. Photo taken by fotopstrikLe vestigia di questi falò si possono vedere anche ai nostri giorni, nelle znicze, i variopinti e multiformi ceri che vengono lasciati sulle tombe per il giorno dei morti. fot.W.DrewkaA forma di lampada, di urna, di Sacro Cuore, di vetrata policroma, con angeli piangenti o decori floreali, le znicze colpiscono per la varietà dei loro colori, che vanno dal rosso, al viola, al lilla, al bianco lattescente, all’oro. dziady-11Lo spettacolo di migliaia di znicze accese rende i cimiteri polacchi della notte fra il primo e il due di novembre sicuramente degni di una visita, da qualunque parte della barricata vita/morte si stia. Sztuka_dzielenia_wosku_6248770-2Nella Polonia contemporanea cristiana si celebrano i Zaduszki (che vuol dire, letteralmente, “per i piccoli spiriti”). Nei Zaduszki, l’antica festa contadina dei Dziady si mostra contaminata con il culto cristiano, e viene festeggiata nella tradizionale data del due novembre. L’ibridazione di queste due concezioni della morte, la pre-cristiana e la cristiana, si attua lentamente, a partire dalla Controriforma. Gli Avi ritornanti con le loro richieste e i loro doni vengono gradualmente sostituiti con le anime del purgatorio, in vacanza per un giorno dal castigo purgatoriale, per cui bisogna pregare e far dire delle messe.Rakowicki Cemetery in Kraków, Poland during the All Saints’ and All Souls’ days [in Polish Wszystkich Świętych and Zaduszki]. Photo taken by Ann & DavidTornando alle usanze della civiltà contadina, in alcune regioni i Dziady andavano accolti preparando il bagno o anche la sauna. In tutti i casi, il pavimento della stanza preposta ai lavacri veniva cosparso di cenere, per osservare la mattina le tracce lasciate dai ritornanti, per vedere se i Dziady “avevano fatto il bucato”.sauna ritualeI vivi dovevano quindi prendersi cura dei morti. Bisognava in generale comportarsi in modo da accattivarsi il favore dei Dziady, perché erano proprio loro a portare fertilità e benessere. Questo tratto è legato alla concezione della morte precristiana, dell’Europa neolitica legata alla terra, che vedeva vita e morte come strettamente collegate e reversibili. La terra è la madre dei morti, che riaccoglie il morto-bambino. Two skeletons, a woman clutching a child to her breast, preserved in a mudflow in Tibet for 4000 years. Photo by Jane Qiu.I morti però portano fertilità solo se sono morti da un po’ di tempo; subito dopo la dipartita averli intorno porta sfortuna. Grochowski sostiene che, nelle prime fasi della dipartita, la morte è ritenuta contagiosa. Questo finchè non vengono svolti tutti i rituali funebri che segnano il passaggio del morto dalla condizione di vivo a quello di avo, di membro dei Dziady. Non appena torna nell’utero terrestre, il morto diventa patrono della fertilità, garantendo raccolti abbondanti. Chiunque abbia mai seppellito un proprio piccolo animale avrà notato come in corrispondenza della sepoltura la vegetazione cresca più rigogliosa.caitlin mcCormackCi sono modi di dire propri del volgo, come “il dziad è già lì che se lo annusa”, per indicare una persona gravemente malata, oppure “che i dziady ti si portino”. Un po’ come evocare “li mortacci tua”.Set in an ornate reliquary in the Basilica San Domenico in Siena is the dismembered, mummified head of the revered Saint Catherine of Siena (1347-1380).Ai tempi pagani, prima della cristianizzazione ad opera di Mieszko I, il primo re della Polonia, la festa dei Dziady si chiamava uczta kozła, la Festa del Capro. La Festa del Capro veniva celebrata dal Koźlarz o Guślarz, una figura sciamanica ibrida fra il sacerdote e il poeta, la cui denominazione andrà ad indicare nei secoli successivi il mago, lo stregone, l’esperto di erbe ed incantamenti. Ma il Guślarz era innanzitutto un poeta,  esperto della potente magia della legatura delle parole, capace di versificare per incantare gli astanti. Rada Niță, artwork for croatian folk pagan black metal Zakon VelesaA proposito di poeti, Adam Mickiewicz, sommo scrittore annoverato fra i Tre Bardi della letteratura polacca, alle usanze dei Dziady ha dedicato un componimento teatrale. Nella prefazione al testo Mickiewicz scrive che i proprietari terrieri hanno cercato di sradicare questa festa pagana, e per questo motivo per molto tempo la ricorrenza è stata celebrava di nascosto, in case abbandonate, vicino ai cimiteri. Le tradizioni dei Dziady erano più forti e radicate nelle aree di culto ortodosso.dziady mickiewicz via satyr plIn alcune regioni, alla fine della mietitura, l’ultimo grano raccolto veniva legato a formare una sagoma umana, e veniva chiamato dziad (singolare di dziady). In Slesia questa fascina antropomorfa veniva chiamata “il morto”. Il morto veniva lasciato nei campi, quando non veniva proprio sepolto.Dozynki_-_Alfred_Wierusz-KowalskiAndiamo ora a vedere nello specifico le altre due accezioni della parola Dziady, quella di mendicanti e quella di creature folkloriche soprannaturali, e come queste altre due accezioni si fondano e vadano a completare la prima, quella di spiriti degli antenati.Adolf Dressler


I DZIADY COME MENDICANTI

mendicanti erranti vicino Sandomierz, 1897, fot. Pawlowski,  via dziady di piotr grochowski, edizioni paralelePrima dei beatnik e dei fricchettoni nomadici, prima dei punk furgonati in giro a suonare e a fare moneta, prima dei dark amanti dei cimiteri, prima dei metallari che cantano di torture-sangue-smembramenti e più estremi di tutti loro, c’erano i dziady, una vera e propria subcultura di persone unite dalla somma povertà, che formavano gruppi di mendicanti erranti tipici della civiltà contadina polacca. A chi andava in bancarotta, o era troppo vecchio e solo per lavorare e mantenersi, conveniva molto di più “andare nei dziady” piuttosto che vivere della carità dei propri compaesani. I dziady erano creature misteriose, non si sapeva da dove venissero e dove fossero diretti, si sapeva solo che si spostavano di paese in paese, offrendo vari servizi e adempiendo a varie funzioni sociali e simboliche in cambio dell’elemosina. Il loro aspetto era pauroso, erano sporchi, puzzolenti, con vestiti che cadevano a pezzi, barbe chilometriche, capelli lunghi ed ingarbugliati, grossi e strani cappelli, mutilazioni vere o presunte in bella vista, le facce atteggiate in smorfie espressioniste, una borsa per spalla, gli scapolari e i rosari ciondolanti e un bastone nodoso ricoperto di pelle di porcospino in mano, per scacciare i cani. C’era un proverbio che diceva “Gli vogliono bene come i cani al dziad”. Pur essendo considerati figure di alterità radicale, accomunabili a chi non svolgeva mestieri agricoli (come i fabbri, i mugnai, i musicisti, spesso sospettati di commercio con il demonio) questi mendicanti erranti avevano molta più dignità sociale degli odierni barboni. Come abbiamo già sottolineato, i dziady adempivano la funzione di intermediari fra i vivi e i morti, e spesso erano visti come loro emissari o addirittura come loro incarnazioni.

liroldo e mendicanti bielorussi, foto J Bulhad, prima del 1913, via dziady di piotr grochowski, edizioni paralele-2Una leggenda diceva che spesso Gesù in persona, accompagnato da San Pietro, si travestiva da dziad e andava in giro per il mondo per saggiare la bontà effettiva dei suoi fedeli. Molti dziady erano esperti in rimedi naturali contro varie malattie, sia degli uomini che del bestiame, aiutavano a togliere il malocchio e a fare magie d’amore, erano considerati sapienti, veggenti, maghi e fattucchiere. Un altro motivo per trattarli dignitosamente, perché erano poveri ma pericolosi. Chiaramente questa era un’arma a doppio taglio, in caso di epidemie, calamità, e quant’altro potesse offrire la necessità di un capro espiatorio per un linciaggio rituale. Si dice che sotto ad una croce a Nowy Sacz, durante un’epidemia di fine Ottocento, siano stati sepolti vivi una dziadowka e un dziad intervenuto per soccorrerla dalla folla inferocita. Ma oltre a questi casi limite, per il resto i dziady erano spesso invitati ai matrimoni, perché si diceva portassero fertilità. Una delle funzioni più gradite dei mendicanti erranti era quella di media viventi: spostandosi da un luogo all’altro, fornivano informazioni su quello che accadeva nei paesi vicini e meno vicini. Alcuni mendicanti erano abili musicisti, spesso ciechi, miseri bardi che cantavano un repertorio codificato di canzoni. Liroldo di campagna,acquaforte di Kielisinski, 1841, via dziady di piotr grochowski, edizioni paralele-2Molte di loro riguardavano la religione, erano spesso racconti agiografici sulla vita dei santi o vari episodi biblici. Altre erano canzoni sull’apocalisse e sul giudizio universale. C’erano canti sulle peripezie di piccoli orfani. Una parte del repertorio era composta da murder ballads su madri infanticide: “Il primo l’ha dato in pasto ai maiali, il secondo l’ha bruciato, il terzo l’ha sepolto nella striscia di terreno fra i campi, la gente non lo sa. Il quarto è sotto la soglia, sotto il covile. Il quinto sta sotto l’albero di amarene, la gente non lo pensa.” liroldo bielorusso cieco con bambina che passa per le offerte, 1937, via dziady di piotr grochowski, edizioni paralele-2Altre canzoni ancora erano racconti cruentissimi riguardanti la calata sulla Polonia delle orde svedesi nel Diciassettesimo Secolo, con particolari di torture e bestialità che avrebbero fatto impallidire i Cannibal Corpse: “Il sangue scorreva a fiumi, dalle finestre alla strada. Tutti stavano in piedi in mezzo al sangue scrosciante. (…) alle figlie fanno cose mai viste, bruciando col fuoco il loro grembo. Dai giovani strappano la gioventù, strappano la loro pelle partendo dai fianchi. Anche i bambini, prendono anche quelli, e li fanno bollire vivi nei calderoni. La madre e il padre sono svenuti, dopo essere stati costretti a mangiarli. Alle madri tagliano i seni, e li gettano da mangiare ai cani.” Non parliamo poi di cosa succedeva alle suore. liroldo, litografia di Smokowski, illustrazione del poema di Kraszewski Anafielas, via dziady di piotr grochowski, edizioni paralele-2La dziadowska makabra, il senso del macabro nelle canzoni dei dziady, è un tratto della loro poetica documentato fin dal XVII secolo. Era una delle caratteristiche delle loro canzoni che il popolo amava di più. Lo stesso che poi andava a vedere le pubbliche esecuzioni in piazza, e che oggi si consola con i film horror estremi, i video dell’Isis e Cronaca Vera.Lucas Cranach the Elder il martirio di san simone, 1512


I DZIADY COME CREATURE SOPRANNATURALI

Stanisław Kamocki ”Strach na wróble”Secondo Poniatowski, la parola dziady può indicare anche delle creature soprannaturali che fungevano da spaventapasseri. Un altro essere di questa tipologia, tipico dell’area montuosa Bieszczady e ricordato da Andrzej Potocki, sono i berdniki: “Sono del tutto simili agli spaventapasseri. Portano dei cappelli in testa, la loro boccaccia sarebbe di suo spalancata. I berdniki erano bambini che urlavano come pazzi, per questo motivo il demone bies Chryszczaty ha ordinato che i loro musi venissero cuciti, e così le cose sono rimaste. Da quel momento sono rimasti muti e amano spaventare la gente.” Non può non venire in mente l’iconografia dello spaventapasseri di Tim Burton, che indica sempre i luoghi in cui vivi e morti convivono. tim burton, il mistero di sleepy hollowSecondo il folklore polacco i Dziady possono essere anche degli spiritelli domestici, che si prendono cura della casa, e che sono di fatto anime benevole di antenati, esattamente come i Lari, gli spiriti del focolare nell’Antica Roma. Gli spiriti del focolare tendono a localizzarsi nei punti della casa che amavano da vivi. Mostrano la loro presenza spostando gli oggetti, facendo cadere le cose, provocando la rottura di stoviglie, a volte toccando di sfuggita qualcuno dei vivi. Spesso il dziad domowy, il genio della casa, assume la forma di un gatto. Pipino, il nostro minacciosissimo dziadek domowyIl domownik, chiamato anch’esso con il diminutivo dziadek domowy, è un’altra specie di elfo domestico, molto benvoluto, che aiutava i suoi ospiti nelle faccende e stava dietro volentieri ad arnie ed api. domownik-2I domowniki sono molto arzilli, aiutano anche a pulire, a impastare, fanno attenzione che il pane cresca e non si bruci nel forno, mettono a posto i vestiti negli armadi, spaccano la legna, scacciano via le mosche dal cibo, stanno attenti alle galline, cullano i bambini, pettinano il vello delle pecore, le criniere dei cavalli, controllano la birra e tutti gli alimenti in fase di fermentazione o di maturazione, come i formaggi. Mungono il latte, lo separano dalla panna, battono il burro. In cambio di tutti i loro servizi vogliono solo un bottiglietta di latte tutte le sere e un piatto di orzo con il lardo ma che sia assolutamente senza sale! Bisogna lasciare il piattino e la bottiglia vicino alla stufa, e quando l’ultimo inquilino della casa andrà a dormire, il dziadek domowy scenderà dal solaio, o dal pollaio, dove ama fare il nido, e verrà a prendere il suo cibo. domownik, da Bestiariusz slowianski-2Vediamo quindi che c’è un’aderenza di usanze, sia per i dziady ritornanti alcune volte l’anno sia per i geni domestici bisogna lasciare un’offerta di cibo.benedizione della frutta per il culto dei morti, Jaworow, via dziady di piotr grochowski, edizioni paralele-2

Gli antenati sono numerosi. Quindi, i più benevoli si prendono cura della casa, diventando presenze fisse, gli altri tornano solo in date prestabilite. In generale però, a parte i magnanimi spiriti del focolare, i morti provano invidia per la condizione dei vivi. È per questo che devono essere trattati con tutti i riguardi, di modo che vengano, approvino il trattamento ricevuto, e poi se ne tornino nel regno dei morti. Sono ospiti graditi e amati, ma pericolosi.Franz Sedlacek - Ghost over the Trees. N.d. E come può essere tradotto tutto ciò, per noi, povere anime aride e tormentate, senza memoria, radici né rituali? Anche i più materialisti non possono negare che la morte non cancella ogni cosa. Restano la cenere, i resti mummificati, le ossa. E soprattutto resta la memoria. Il senso di colpa, per non aver fatto meglio, quando i morti erano vivi. Per non essere riusciti a lenire meglio il loro dolore di creature viventi. Per questo i morti sono pericolosi. I morti tornano anche da noi, quando meno ce lo aspettiamo. Litigano con noi, ci accusano, e noi accusiamo loro. Lo faremo per anni. Poi li perdoneremo, e loro perdoneranno noi. E allora, purificati, potremo festeggiare il legame che ci ha uniti a loro, fino al giorno della nostra morte. Władysław Podkowiński, Marsz żałobny Chopina, 1894, olej na płótnie, dzięki uprzejmości Muzeum Narodowego w Krakowie


BIBLIOGRAFIA

Piotr Grochowski, DZIADY, Rzecz o wędrownych żebrakach i ich pieśniach, Toruń, Paralele, 2009.

Ludwik Adam Jucewicz, Litwa pod względem starożytnych zabytków, obyczajów i zwyczajów, 1 gennaio 1846, Nakł. Rubena Rafałowicza Księgarza Wileńskiego.

Andrzej Potocki, KSIĘGA LEGEND KARPACKICH , Rzeszów, Ed. Carpathia, 2010

Edgar Morin, L’uomo e la morte, Meltemi, 2002.

http://naludowo.pl/kultura-ludowa/zaduszki-tradycja-wierzenia-zwyczaje-dzien-zaduszny-uczty-dziady-zapalanie-ognia-znicze.html

https://mitologie.wordpress.com/dziady-w-tradycji-slowian/

http://www.virio.it/manie-e-divinita-casalinghe-dei-morti/

https://bialczynski.wordpress.com/slowianie-w-dziejach-mitologia-slowian-i-wiara-przyrody/czworksiag-wielki-wiary-przyrody/tom-iii-ksiega-tanow/o-ksiedze-tanow/tan-mniejszy-13-swieto-dziadow-obrzad-czterech-tanow-najwiekszych-albo-osobne-swieto-przodkow-1-i-2-listopada/

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