WALLS, La Natura non si lascia imbrigliare ___ La mostra di Kai Uwe Schulte-Bunert per FestivalFilosofia 2011 [Sulla Natura]



Un’equipe di psicologi americani d’avanguardia ha stabilito che per i test attitudinali il muro simboleggia

“le difficoltà della vita”. …Geniale, eh!

Poco prima avevano intuito che il serpente simboleggia il sesso… Che fantasia!

Giorgio Gaber



All alone, or in two’s,
The ones who really love you
Walk up and down outside the wall

Pink Floyd


I primi spazi vuoti costruiti dall’uomo furono biomorfi. Nel senso che si sviluppavano secondo linee curve. Nelle epoche protostoriche, le rotondità dei vasi di ceramica, delle capanne, dei canestri di vimini imitavano i nidi, le parabole delle nebulose, il ventre delle donne incinte. Le prime sacche di cuoio erano surrogati delle tasche  dei marsupiali, oppure dei condominii edificati dagli uccelli tessitori. Ma quando è stato necessario ripartire la terra in proprietà, la linea tonda, emblema geometrico della natura, ha cessato di funzionare. Per praticità, ma anche perché la linea curva avrebbe comportato delle zone di nessuno, degli interstizi anarchici.

L’idea del muro, di qualcosa che si erge dalla terra verso il cielo, è la primigenia idea architettonica, la stessa dei dolmen e dei menhir. Kai Uwe Schulte-Bunert indaga come questo concetto si sia sviluppato fino ad arrivare alle periferie della contemporaneità, fotografando le strutture umane, le loro  modularità. Schulte-Bunert rappresenta il trionfo della linea e dell’angolo retto, indispensabili per dividere ed erigere recinzioni. Dalle sue opere emana un senso di freddezza, di geometrica solitudine, di pulizia. Non esistono esseri umani in questo universo, solo i loro macro-prodotti, ovvero gli edifici.

Il muro delimita, occlude, protegge. Il muro deve essere abbattuto e superato. Praticamente, possiamo intonacarlo, dipingerlo di bianco, attaccarci dei manifesti pubblicitari o elettorali, oppure farci dei graffiti. Il muro di Berlino, l’Israeli West Bank Barrier, la Muraglia dei fasti del Celeste Impero. HaKotel HaMa’aravi, il Muro del Pianto del secondo Tempio di Gerusalemme, detto anche Ḥā’iṭ Al-Burāq dalla tradizione islamica. The Wall, Pink Floyd, 1979. Dividere l’orizzonte. Creare spazi chiusi. Al di qua del muro, giardini segreti o prigioni. Oltre  di esso, ciò che non conosciamo.

Nel lavoro di Schulte-Bunert si percepisce un dialogo fra le vestigia umane e quelle della natura. Strisce d’erba, alberi in mezzo alla neve, foglie morte. E i muri eretti dall’uomo, che hanno – assieme alla natura – la sorte di sopravvivere agli esseri umani che li hanno costruiti.


Testo critico scritto per la mostra  Walls __ La natura non si lascia imbrigliare di Kai Uwe Schulte Bunert,  in occasione del Festival Filosofia 2011, inaugurazione 16 settembre presso Magazzini Criminali.


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